Essere “always on” aiuta a trovare lavoro

Essere “always on” aiuta a trovare lavoro

Essere sempre connessi significa moltiplicare le proprie opportunità di lavoro, ma occorre attrezzarsi bene. Vediamo come.

Quando si cerca lavoro, il curriculum è il miglior biglietto da visita per presentarsi alle aziende. Quello che un tempo era un semplice foglio di carta è oggi diventato un documento digitale da trasmettere via e-mail o caricare agilmente sui portali di offerte di lavoro. Ed è proprio per questa sua natura “immateriale” che occorre considerare il curriculum come uno strumento da portare sempre con sé. Dove? Sullo smartphone, ovviamente.

Grazie, amico smartphone!
Siamo sempre di corsa, e in questo faticoso rally quotidiano il nostro aiutante e navigatore è proprio lui, lo smartphone. È sempre con noi e ci consente di tenere in ordine ogni cosa, famiglia, amici, impegni e orari. Tutto grazie alle tante app che ci semplificano la vita e le relazioni, organizzando la nostra giornata in una prospettiva prettamente “mobile”.
Ebbene, questo piccolo computer portatile chiamato smartphone serve oggi più che mai nel mondo del lavoro perché ci aiuta a sfruttare meglio tutte quelle occasioni che si presentano quando meno ce lo aspettiamo.
Lo smartphone diventa così uno strumento utile nella ricerca di lavori da prendere al volo, quelli in cui occorre essere scattanti e mostrarsi disponibili prima degli altri. Ma bisogna essere ben attrezzati per poterlo fare. Vediamo perché…

Uno stile di vita
È chiaro che stiamo parlando di una forma mentis del tutto diversa dal passato, in cui siamo “sempre connessi” e disponibili a dialogare e confrontarci con il mondo. Essere “always on” vuol dire tante cose, come pagare la spesa o i biglietti dell’autobus, ma anche chattare, fare banking online oppure leggere le ultime news o le previsioni del tempo. Ma significa anche avere il curriculum sempre pronto da inviare a chiunque in tempi ultrarapidi. È per questo che il curriculum deve essere sempre disponibile nell’archivio del cellulare o dello smartphone, pronto a essere trasmesso via e-mail o caricato sui portali di annunci di lavoro.
Un curriculum ben fatto, leggero e in pdf consente infatti la massima flessibilità di invio in ogni occasione.

Curriculum sempre a portata di mano
E dal momento che trovare un lavoro è diventato esso stesso un lavoro, dobbiamo semplificarci la vita e rendere tutta la faccenda meno complicata.
Da dove partire quindi? Dal curriculum, o meglio, dal luogo in cui riporlo e aggiornarlo di volta in volta. Lo smartphone si presta benissimo a questo scopo ed è facile sfruttare le tecnologie e le app gratuite per redigerlo velocemente e tenerlo sempre pronto all’invio.
Molte di queste applicazioni, come Curriculum Free, CV Builder o CV Maker, hanno un’interfaccia piuttosto semplice e sono progettate per scrivere un curriculum dall’aspetto professionale e permetterne la trasmissione successiva via e-mail.
In parole povere, con applicazioni simili è possibile creare un CV in pochi minuti e con un look molto accattivante. Ma l’importante è non dover dipendere dal pc o da una postazione fissa e riuscire ad avere il curriculum sempre con sé, sullo smartphone, pronti a modificarlo, mostrarlo e inviarlo alla prima occasione, ovunque ci si trovi.

Moltiplicare le occasioni di ingaggio
Non si può negare che essere sempre connessi significa anche rimanere costantemente attivati, sempre sull’attenti e disponibili. E sicuramente la schiavitù dell’essere “always on”, soprattutto sui social networks, comporta un certo stress e un buon grado di imbarbarimento nelle relazioni reali, quelle di persona. Ma forse è solo una questione di allenamento e di educazione: in buona sostanza, occorre imparare a utilizzarli al meglio e a non farsi sfuggire di mano la propria vita.
D’altronde l’uso dello smartphone per la ricerca del lavoro non è molto diverso dall’impiego che ne facciamo quando abbiamo a che fare con le nostre relazioni amicali sui social.
Soltanto che qui stiamo parlando di una cosa molto seria, stiamo parlando di occasioni di impiego! E forse è meglio sintonizzarsi meglio su quello che è in grado di offrirci il potente e dinamico mondo della Rete, dove le occasioni di lavoro ci sono, eccome, ma occorre mettersi bene in ascolto per intercettarle. In sostanza, bisogna fare “fine tuning” e sintonizzarsi meglio.
Insomma, non è vero che oggi il tempo manca per via dei social network. Il tempo è lo stesso. Piuttosto è cambiato il modo in cui vogliamo impiegarlo. E a noi di geoJOB sembra che la ricerca del lavoro sul web sia sempre un tempo ben speso. Voi che ne dite?

Elogio del passaparola

Elogio del passaparola

Quando si aiuta qualcuno a trovare un lavoro, occorre sempre pensare alle possibili conseguenze di quest’operazione. Senza un’osservazione diretta delle reali competenze, si rischia infatti di combinare grossi guai. 

A tutti è capitato di aiutare qualcuno, un amico o un conoscente, a trovare lavoro, di sostenerlo nel momento del bisogno, e poi scoprire che questa persona ti sta facendo fare una brutta figura. L’azienda che ha ingaggiato questo candidato, per il quale tu ti sei esposto personalmente, si è rivelato inefficiente o improduttivo, in ogni caso non all’altezza della posizione da coprire.
Questa situazione avviene più spesso di quanto si pensi, e mette in serio imbarazzo due professionisti: tu, innanzitutto, che hai fatto la figura del mediatore sciocco e superficiale, e l’HR manager o il Responsabile della Commessa dell’azienda che ora dovrà comunicarti che quella persona era proprio sbagliata per quell’incarico. Insomma, un bel pasticcio!

Segnalazione, raccomandazione, aiutino…                  
Quante telefonate, messaggi e annunci si fanno con l’intenzione di dare il nostro contributo affinché le persone segnalate possano trovare un lavoro. Spesso ci si trova a passare dei nominativi, dei numeri di telefono, senza sapere bene se il profilo della persona è in linea con la ricerca operata dall’azienda. Tanta, tanta fatica per nulla. Come uscire allora da quest’impasse?
Innanzitutto occorre smettere di fare distinzione tra “segnalazione” e “raccomandazione”. Tutto ciò che non è accompagnato da una lettura attenta del percorso curriculare del candidato è da scartare. Il curriculum è infatti l’unico documento che certifica le reali competenze e attitudini di un lavoratore. Tutto il resto è clientelismo.
In secondo luogo bisogna avere sempre come principio guida la serietà professionale e il codice etico del recruiter, tenendosi lontani da “incidenti” di percorso che possono ledere profondamente la propria credibilità e reputazione.

Ma il passaparola è importante?
È proprio per evitare cantonate e svarioni di questo tipo che noi di geoJOB diamo massimo risalto alle competenze dimostrabili da parte di un candidato. Perché crediamo profondamente nella qualità delle persone e nella loro preparazione. E soprattutto perché vogliamo evitare di fare brutte figure con le aziende che si avvarranno nel tempo dei nostri servizi.
Fatta questa doverosa premessa, la piccola segnalazione o l’indicazione del bravo professionista rappresentano uno strumento ancora molto utile per un recruiter, ed è stupido non tenerne conto. Perché? Perché si basa sull’osservazione diretta.
“Conosci un bravo escavatorista?” oppure “Hai un bravo carpentiere da segnalarmi?” sono la tipica richiesta a esprimersi su un’esperienza realmente vissuta, in cui la tua testimonianza diretta mette in gioco non soltanto la professionalità del lavoratore in questione, ma anche la tua credibilità di osservatore. E nella quale non devi mai fallire, pena la perdita di reputazione.
In un settore come il nostro, il passaparola è fondamentale perché le maestranze davvero professionalizzate sono piuttosto difficili da ricercare e non basta certamente la semplice lettura di un freddo pezzo di carta, qual è il curriculum.

La reputazione sopra a tutto
La tendenza a utilizzare la conoscenza diretta e le segnalazioni personali come canale privilegiato dipendono inoltre dal fatto che ci si trova spesso a dover impiegare lavoratori in fretta e furia, e non c’è né il tempo né la possibilità di raccogliere tutte le candidature, vagliarle, selezionarle e convocare i lavoratori per un colloquio.
In geoJOB facciamo quindi un lavoro fino e di grande equilibrio, andando a intercettare i curriculum giusti in tempi molto rapidi e cercando di ottimizzare la nostra ricerca prendendo in considerazione anche l’esperienza e l’osservazione diretta dei lavoratori, giudicando quindi più fonti.
E tutto questo avviene senza passare attraverso la scelta discrezionale o partigiana di un candidato. Ma solo attraverso la valutazione delle competenze. Perché per noi la reputazione è importante.

Il sentiero virtuoso tracciato dal BIM

Il sentiero virtuoso tracciato dal Bim

Il tema della digitalizzazione entra nel mondo dei cantieri attraverso il BIM portando vantaggi indiscutibili, sia sul piano progettuale sia sul versante dei processi e dei costi. Vediamo perché. 

Dal 1° gennaio è in vigore il cosiddetto Decreto Bim, ossia l’obbligo di digitalizzare gli appalti pubblici attraverso l’utilizzo del Building Information Modelling. Si tratta di una vera e propria rivoluzione per un settore alquanto riluttante all’adozione delle innovazioni digitali e piuttosto impreparato ad accoglierne una così dirimente come il Bim.
Il decreto ministeriale n. 560 del 2017 ha infatti stabilito l’obbligatorietà dai primi del 2019 per le opere al di sopra dei 100 milioni di euro, con un progressivo abbassamento della soglia negli anni successivi (50 milioni per il 2020, 15 milioni nel 2021 ecc.) fino a spingerlo su tutto il sistema dei lavori pubblici entro il 2025. Un processo inesorabile che cambierà il volto dell’intero settore. Essendo il Bim una precisa “rappresentazione digitale di caratteristiche fisiche e funzionali di un oggetto” permetterà una riconoscibilità e tracciabilità di tutte le fasi realizzative di una costruzione, identificando caratteristiche fisiche, provenienza e costi di ogni singolo elemento o processo impiegato. Oltre a permettere quindi l’interoperabilità fra le tante figure professionali che partecipano alla realizzazione di un progetto, il sistema elimina gli errori progettuali prima della fase di cantiere e argina così le costose varianti in corso d’opera, offrendo un controllo costante dei tempi di realizzazione. E soprattutto la certezza dei costi finali. Uno strumento virtuoso, quindi.
Naturalmente l’introduzione del Bim avrà un effetto benefico anche sulla prevenzione della corruzione in tanti appalti e contratti.
È chiaro che il settore delle costruzionideve confrontarsi con una nuova normativa per la quale ci saranno resistenze nel corso della sua attuazione e che, probabilmente, rischierà di mettere in difficoltà piccole e grandi imprese per la presenza di un gap digitale, cioè per mancanza di competenze.
Abbiamo rivolto questi dubbi a un esperto del settore, Federico Pigliapoco, Bim Coordinator e membro della Commissione Bim presso l’Ordine degli Ingegneri di Ancona

Il Bim si propone di non ostacolare la concorrenza e di facilitare il compito agli operatori, accelerando i processi e ottimizzando i costi. Eppure gli ostacoli da superare sembrano tantissimi. È solo una sensazione?
«Sì, è solo una sensazione. Bisogna certamente ammettere che molti operatori vivono l’obbligo del BIM come una norma fastidiosa perché imposta dall’alto. Ma il livello di preparazione dei progettisti è complessivamente piuttosto elevato, e quindi sono pronti a recepire questa novità, che era comunque nell’aria ormai da molti mesi. D’altronde è giusto ricordare che l’Italia ha una posizione invidiabile rispetto alla dimestichezza del BIM, unico Paese assieme al Regno Unito ad aver sviluppato una propria normativa di riferimento che recepisce le normative ISO. Quindi da questo punto di vista quello che è stato fatto a livello governativo è molto positivo. Certo, il tema della digitalizzazione entra nel mondo dei cantieri un po’ più in ritardo rispetto ad altre industries, ma questo fa parte di un gap digitale che è strutturale per il nostro settore». 

La caratteristica principale del sistema è la collaborazione fra le diverse figure professionali. Ma sono davvero formati i professionisti all’utilizzo del Bim? Chi lo sa impiegare è appena laureato oppure ha fatto un master specifico. Stiamo comunque parlando di persone d’età compresa tra i 27 e i 32 anni.
«È vero, se dobbiamo guardare alla semplice professionalità mostrata a livello nominale, cioè per titoli e attestati, la maggior parte dei profili di BIM Specialist è composta da ragazzi giovani, che hanno fatto corsi di formazione o si sono “masterizzati” da non più di due anni. Non bisogna però farsi confondere dall’equazione giovani = BIM, perché sulla piazza ci sono moltissimi professionisti esperti che vantano una grandissima esperienza di progettazione e gestione di cantieri più o meno complessi e che, se correttamente coinvolti, diventano fondamentali per l’implementazione di procedure e metodologie innovative. Non credo infatti che neolaureati con master da “BIM Manager” o un semplice corso, privi di esperienze di progettazione o gestione di progetti realmente in BIM, possano adempiere subito al compito così impegnativo della gestione informativa. L’esperienza fatta sul campo resta ancora dirimente». 

Gli studi di progettazione sembrano molto più avanti rispetto alle aziende di costruzioni in termini di competenze BIM e, in generale, di competenze digitali…
«Gli studi privati sono pronti in buona parte a lavorare con questa metodologia, e sto parlando degli studi di ingegneria e di architettura che si occupano solo di progettazione. Mentre invece per le grandi aziende di costruzioni il discorso è ancora un po’ diverso: se fino a pochi anni fa i grandi gruppi delegavano la modellazione in BIM all’esterno, oggi stanno iniziando a dotarsi di un ufficio tecnico in grado di sviluppare progetti con questa metodologia attraverso personale interno ben formato». 

E le piccole e medie imprese, a che punto sono?
«Le Pmi non sono ancora pronte, e spesso si rivolgono a personale formato con semplici corsi di breve durata che non possono certamente sostituire anni e anni di esperienze di progettazione in cantiere. E che lasciano quindi il tempo che trovano. Cionondimeno il settore sente, ormai a tutti i livelli, la necessità di una maggiore digitalizzazione dei processi, e questo è forse l’effetto migliore dell’introduzione dell’obbligo di questo strumento operativo.  Quindi, va molto bene la voglia di cambiamento. L’importante è però non svilire il significato originario dell’approccio BIM, che non deve essere banalizzato fino ad arrivare all’attribuzione di un’etichetta di qualità ormai svuotata di sostanza. La gestione informativa deve essere giustamente introdotta con una gradualità dell’obbligo, perché è ormai il mercato che la esige. Solo con la digitalizzazione dei processi è infatti possibile l’accesso alle medesime informazioni da parte di tutti gli attori della filiera. Informazioni che possono essere interrogate in qualsiasi fase della progettazione per evitare errori, riuscendo quindi a far risparmiare alle aziende sia in termini di tempo sia in termini di costi». 

Quando la scuola entra in cantiere

Ha sede a Bergamo una grande fucina delle professionalità più richieste dai cantieri nonché un prestigioso laboratorio di formazione.

La Scuola Edile di Bergamo ha appena compiuto 35 anni e a pieno titolo rappresenta un vero e proprio riferimento nel mondo della formazione in grado di garantire l’aggiornamento e la crescita professionale costante degli operatori del processo produttivo edilizio.
L’istituto, che fa capo al Formedil, l’Ente Paritetico Nazionale per la formazione in edilizia, effettua corsi triennali per i ragazzi che hanno terminato le scuole medie e che scelgono di intraprendere la professione edile, ma svolge anche corsi di formazione continua per i lavoratori adulti, iscritti alla Cassa Edile di Bergamo. E in ultimo, cosa non meno importante, realizza attività di consulenza tecnica sulla sicurezza a imprese e lavoratori.
Insomma, il famigerato muratore di Bergamo nasce proprio qui, tra i banchi di questa scuola che ogni anno forma decine di studenti pronti a inserirsi nelle imprese di costruzioni con ruoli operativi e a entrare nel mondo dei cantieri. E per dirla tutta, molto spesso è proprio il cantiere a chiedere nuove risorse professionali ancor prima che la scuola termini il proprio ciclo.
Si tratta dunque di una scuola di settore che sorge all’interno del contratto nazionale e capace di rispondere in maniera efficace alle esigenze del mercato del lavoro sostenendo lo sviluppo dell’edilizia stessa. Ne parliamo con Fabrizio Plebani direttore generale della scuola edile, che ci illustra le peculiarità della scuola.

La Scuola Edile di Bergamo è un punto di riferimento per la filiera delle costruzioni bergamasca, ci può descrivere la vostra attività?
«La Scuola Edile di Bergamo è un ente bilaterale, gestito in maniera paritetica dall’organizzazione dei costruttori bergamaschi Ance Bergamo e dai sindacati dei lavoratori edili bergamaschi Feneal Uil, Filca Cisl, Fillea Cgil. Sui banche della Scuola Edile di Bergamo lo scorso anno sono passate circa 6mila persone: ci sono i ragazzi del percorso triennale, lavoratori del settore edili venuti a formarsi sui temi dell’innovazione e dell’aggiornamento professionale, c’è tutta la formazione per la sicurezza sviluppata in collaborazione con il sistema artigiano, ci sono poi le attività formative rivolte ai professionisti che operano nel settore (ingegneri, architetti, geometri e periti) oltre a una serie importante di collaborazioni con istituti ed enti che a vario titolo agiscono nel settore (Università, istituti superiori, Inail, Ordini professionali, Ats, Dtl, Regione, Provincia).
Negli ultimi anni, accanto alle attività formative, abbiamo sviluppato una serie di servizi per le imprese e i lavoratori del settore: supporto all’utilizzo dei fondi interprofessionali (principalmente Fondimpresa), il servizio di sorveglianza sanitaria, la consulenza tecnica sulla sicurezza in cantiere, siamo accreditati in Regione per i servizi per il lavoro, e molte, molte altre cose…».

La Scuola è conosciuta a livello nazionale perché offre un percorso di tre anni in cui fortissima è l’alternanza scuola-lavoro: ci può descrivere che cosa prevede questo tipo di formazione?
«Il percorso triennale è sicuramente tra le attività formative più importanti per noi perché è lì che si costruisce il futuro del nostro settore. La parte del tirocinio da sempre caratterizza fortemente il nostro percorso e molte volte il rapporto che si crea tra ragazzo e impresa si trasforma in un’assunzione. L’altro elemento che ci caratterizza sono tutte le attività pratiche che svolgiamo con i ragazzi all’interno dei nostri laboratori. Il resto del percorso è allineato con le indicazioni di Regione Lombardia e si pone l’obiettivo di formare operatori edili con competenze teoriche e pratiche utili nell’edilizia moderna».

Quali sono oggi le figure professionali maggiormente richieste dalle imprese del settore?
Le imprese del settore attualmente ricercano un po’ tutte le figure professionali che popolano il settore delle costruzioni. Il momento attuale è caratterizzato da una forte richiesta di personale. Uno degli effetti della crisi che oggi sta creando difficoltà è proprio questo, la difficoltà di fare entrare nel settore nuove persone».

Operaio specializzato versus operaio polivalente: chi è il più richiesto oggi sul mercato e come è cambiata nel corso degli ultimi anni la domanda di lavoro da parte delle aziende?
«Dipende da come è organizzata l’impresa, dalla sua struttura e dal modo in cui organizza il suo modus operandi in raccordo con la filiera. Ci sono imprese che prediligono operai polivalenti capaci di controllare l’operato di ditte specializzate in lavorazioni particolari che operano in subappalto. Di contro, ci sono imprese che prediligono internalizzare anche le lavorazioni più specialistiche e che quindi hanno bisogno di figure specializzate al loro interno. Ci sono infine modelli di impresa ibridi, che hanno trovato il loro equilibrio organizzativo internalizzando alcune lavorazioni specialistiche e subappaltandone altre».

Quanti studenti conta attualmente la Scuola Edile di Bergamo? Si sono verificate flessioni delle iscrizioni negli ultimi anni?
«Il percorso triennale conta al momento circa 60 ragazzi. Si tratta di figure molto richieste, al punto che a giugno dello scorso anno abbiamo ricevuto richieste di assunzioni per il doppio degli studenti che avevano terminato il percorso. Al momento un po’ tutta la filiera formativa del settore delle costruzioni sta soffrendo, paradossalmente proprio nel momento in cui le imprese hanno un disperato bisogno di figure nuove nel settore».

Come se ne esce?
«Se ne esce facendo capire che il comparto delle costruzioni ha un futuro importante per il nostro territorio. E’ un settore in forte cambiamento, che sa valorizzare le risorse. Ci sono persone che hanno frequentato la Scuola Edile e che poi sono diventate imprenditori o si sono laureate in Ingegneria. Stanno cambiando i processi di lavoro, i materiali, le figure professionali. Dobbiamo far cambiare anche la percezione che la società ha del nostro settore, una percezione ancora fortemente legata alla crisi. E dobbiamo farlo anche attraverso una maggiore attenzione ai temi della sicurezza e della regolarità collegati all’applicazione del Contratto Edile».