Operai specializzati: che fatica trovarli!
Operai specializzati: che fatica trovarli!
Nella ricerca di maestranze qualificate, il percorso di recruiting è spesso lungo e complicato, e a volte non basta nemmeno un buon curriculum. Sono numerosi i casi di imprese che, pur avendo programmato assunzioni di un ottimo livello contrattuale, non riescono poi a reperire le risorse giuste sul mercato. E questo è più vero laddove c’è una ricerca più accentuata di personale ad alta specializzazione. Insomma, aumentano i contratti per personale qualificato, ma aumenta anche la difficoltà di far incontrare domanda e offerta di lavoro. Abbiamo chiesto a Daniele Peila, docente presso il Politecnico di Torino ed esperto in tunnelling e nel consolidamento di rocce e terreni, perché questo accade e quali sono le vie che le aziende utilizzano per reperire sul mercato il personale qualificato. In un segmento ipertecnico ed estremamente ingegnerizzato come quello del tunnelling o delle grandi opere, le maestranze devono possedere qualifiche e addestramenti molto speciali, e di conseguenza non sono facilmente intercettabili sul mercato. Perché c’è questa carenza? «Certamente i lavoratori del tunnelling e in generale quelli coinvolti nelle lavorazioni geotecniche specialistiche richiedono un’alta se non un un’altissima qualificazione. E il loro recruting non è né facile né immediato, sia per la fatica oggettiva nell’intercettare personale così qualificato, sia per la difficile riconoscibilità delle reali abilità dei lavoratori. Un esempio tipico è la reperibilità dei “piloti delle TBM”, vale a dire delle talpe meccaniche (Tunnel Boring Machine) che sono indispensabili nella riuscita di un buon progetto di gallerie. Ebbene il profilo è così ricercato che da qualche tempo stanno nascendo corsi che cercano di formare personale qualificato di questo tipo sfruttando le potenzialità della realtà aumentata. Per non parlare poi delle iniezioni di consolidamento nei terreni e delle rocce, dove per gestire la mutevole variabilità delle condizioni dei terreni in natura è necessario avere maturato un’esperienza che si può fare solo sul campo. Insomma, in questi settori non ci si improvvisa esperti né a livello di maestranze né a livello di tecnici e ingegneri». Anche a un livello di ingaggio più alto, come quello delle grandi opere, si sfrutta lo strumento del passaparola oppure ci sono altre vie meno informali e più oggettive? «Spesso il contatto diretto anche tra componenti della stessa squadra è uno dei percorsi che si osservano, a tutti i livelli. E questo accade anche per i ruoli di middle management in cantiere, che solitamente sono ricoperti da ingegneri che si sono costruiti una specializzazione/formazione particolare. Osservo anche che sempre più spesso le grandi aziende approfittano dei career day che le varie università organizzano presso le loro sedi. Non posso però non segnalare come stiano nascendo percorsi universitari post-laurea specialistici che si prefiggono proprio di fornire abilità e conoscenze specifiche per il settore “geo” e il settore del “tunnelling”. Io stesso sono il Coordinatore del primo percorso di master internazionale post-laurea in “Tunnelling and Tunnel Boring Machines” che ha ormai raggiunto la dodicesima edizione e constato quotidianamente che per fornire le basi progettuali e di gestione di un cantiere di gallerie non bastano i normali corsi di laurea, ma è necessario un percorso di oltre un anno di formazione». Quindi il passaparola funziona anche per la ricerca di profili più alti… «Sì, e oltrepassa il dato curriculare. Studi di ingegneria e imprese spesso mi chiedono se conosco ingegneri con uno o due anni di esperienza disposti a lavorare, e io non posso che rispondere che si tratta di “merce rara”. Conseguentemente, per le imprese e per gli studi di ingegneria, disporre di un database qualificato e controllato, è certamente un “plus” di cui si deve tenere conto». Gli operai ingaggiati all’interno dei grandi cantieri, nonostante il curriculum specialistico e importanti esperienze pregresse, devono poi sottoporsi a un addestramento prima di poter calzare l’elmetto. Questo comporta spese extra per le aziende, e non sempre la risorsa risulterà idonea. Come si può superare questo problema? «Abbiamo bisogno di scuole di formazione professionale di livello adeguato da un lato, eventualmente sostenute da un pool di aziende che possano fare sinergia anche con gli enti formatori territoriali, e dall’altro disporre di data-base adeguati per una scelta che minimizzi il problema. C’è poi il tema della formazione continua degli operatori al mutare delle tecnologie, e qui cito l’esempio del calcestruzzo proiettato: all’estero sono disponibili corsi di qualificazione che forniscono, a seguito di percorsi specifici, una patente che certifica che il lavoratore abbia seguito un iter formativo sia teorico che pratico adeguato. E quindi garantiscono sia le imprese che i committenti rispetto alla qualificazione del personale. Certamente se esistessero delle realtà professionali capaci di disporre delle informazioni in merito alle qualifiche necessarie, si riuscirebbe ad abbinare le maestranze giuste all’esigenza specifica, senza disperdere energie in ricerche lunghe e dispendiose».
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