Mi trovi su Facebook. Anzi, meglio di no!

Mi trovi su Facebook. Anzi, meglio di no!

L’uso disinvolto dei social network può creare problemi nella ricerca del lavoro. È per questo che occorre sempre controllare lo stato dei propri profili social e cercare di evitare brutte figure.

Quando si è in cerca di nuove opportunità professionali, Facebook e LinkedIn sono degli ottimi strumenti per fare rete e mettersi in contatto con le persone che contano. È sui social infatti che si svolgono ormai molte delle nostre attività di relazione con gli altri, vuoi per svago, vuoi per motivi puramente professionali.
Fatto sta che anche i recruiter delle grandi aziende stazionano per lunghe ore sui social network per scoprire i comportamenti di potenziali collaboratori e candidati. E non lo fanno certo per gioco. Vogliono infatti verificare i reali atteggiamenti del lavoratore prima di ingaggiarlo, e comprenderne a fondo i gusti e i comportamenti, per non avere brutte sorprese in futuro.
D’altronde, è brutto scoprire che un professionista affermato e capace nel suo ambito specifico, pubblica sul suo profilo Facebook i bagordi e le sbornie con gli amici. Forse il recruiter, viste tutte queste cose, deciderà di non ingaggiarlo più. O avrà molte titubanze nel farlo. Come dargli torto?

Quello che non si dice… si vede!
Quello che invece apprezzano molto i recruiters è vedere un candidato che partecipa alle discussioni su temi affini al proprio ambito professionale e che si confronta in maniera costruttiva con esperti che hanno più esperienza di lui. Insomma, l’abito professionale e la sfera privata sono le due prime cose che i reclutatori vanno a sondare una volta atterrati sui profili dei candidati da esaminare.
Siamo ormai nell’era del “social recruiting”, cioè la ricerca di lavoratori attraverso i social network, e nulla deve essere dato mai per scontato. Sono infatti tantissime le aziende di ricerca del personale che arrivano a scartare un curriculum giudicato valido dopo aver visto i contenuti pubblicati dal candidato sul proprio profilo social.
È utile allora stilare una serie di consigli che possono aiutare i lavoratori a gestire al meglio i propri profili social cercando di massimizza le opportunità di essere ingaggiati. Perché occorre imparare a mettere in risalto le nostre competenze professionali, non i nostri difetti!

La ribalta di internet
Internet e in special modo i social network rappresentano un palcoscenico davvero molto potente, nel bene e nel male. Chiunque può mettersi in contatto con noi e curiosare nei nostri profili.
Scovando cose che magari ci sfuggono o che semplicemente sottovalutiamo. Proviamo allora a fare la cosiddetta prova del nove, andando a digitare il nostro nome su Google per vedere l’effetto che facciamo.
Uno dei primi risultati di ricerca è sempre la Url del profilo Facebook, il più interessante e intrigante per un recruiter. Se ci interessa trovare lavoro e mantenere un certo livello di serietà e riservatezza, ecco alcuni consigli su come comportarsi. Ma attenzione, i consigli valgono anche sugli altri social network. Anche un sistema di messaggistica innocuo come WhatsApp può raccontare molte cose. Dal numero di cellulare il potenziale datore di lavoro può accedere ai dati resi visibili su WhatsApp e farsi un’idea sbagliata di noi. Bisogna dunque scegliere con cura la foto, evitare di utilizzare motti ideologici e verificare bene il proprio stato.

La foto, il linguaggio e la politica
La scelta della foto del profilo è piuttosto importante. Si tratta del primo elemento che appare quando viene visualizzata la nostra pagina, e deve trasmettere professionalità e serietà, soprattutto se siamo su LinkedIn. A questo proposito occorre fidarsi delle regole e dei consigli forniti da LinkedIn ed evitare come la peste le foto fuori contesto o in luoghi inadeguati, come la spiaggia, gli occhiali da sole o le pose stravaganti.
Su Facebook le licenze sono senz’altro maggiori, ma non bisogna mai dimenticarsi che il nostro privato è ormai anche pubblico, e che il recruiter ci guarda con una curiosità a volte morbosa. Meglio allora non rischiare troppo e trovare la giusta compostezza.
Anche il linguaggio volgare è bandito dai profili. Il rischio di parlare sui social come parleremmo con gli amici è altissimo e non rappresenta certo un buon biglietto da visita!
Molto rischioso è poi esporsi politicamente su argomenti all’ordine del giorno, che sono sempre tanti e suscettibili di opinioni molto divergenti e quasi sempre polarizzate dal punto di vista ideologico. Meglio evitare.

Ciò che occorre mostrare
Per essere coerenti con l’immagine che si desidera comunicare all’esterno, bisogna allora articolare la propria pagina social con un taglio decisamente professionale. Le accortezze sono moltissime, a seconda dell’ambito settoriale che si vuole presidiare. Qui ci limiteremo alle cose più semplici e di buon senso.
Per prima cosa consigliamo di pubblicare soltanto i contenuti che sono in grado di valorizzare le nostre competenze e le abilità specifiche. Per riuscire in questo intento occorre essere molto coerenti e metodici. Bisogna quindi partecipare ai forum e alle conversazioni pertinenti al nostro ambito, iscriversi ai gruppi professionali e cercare di seguire i profili aziendali che risultano più interessanti per il nostro lavoro. Sono molte le aziende che scandagliano i social network per cercare personale qualificato. È quindi consigliabile seguire molto attentamente i profili delle imprese che più ci interessano per essere pronti a un possibile ingaggio.
Un altro aspetto da non sottovalutare è il pettegolezzo o i rumors che facciamo sulle altre aziende. I datori di lavoro cercano dipendenti professionali anche dal punto di vista dell’etichetta e delle relazioni. E parlare male degli altri non è visto di buon occhio, soprattutto quando abbiamo lasciato o siamo stati lasciati da un’azienda. La cosa non è mai apprezzata perché potremmo rifare la stessa cosa in futuro con il nuovo datore di lavoro.
Infine il consiglio più banale ma più importante di tutti: avere un profilo sempre aggiornato. Chi sta curiosando su di noi, vuole avere tutte le informazioni possibili. Assecondiamo questa richiesta e diamogliele in abbondanza. Sempre che siano coerenti e in linea con il profilo ricercato.

Videocolloquio su Skype? Perché no?

Videocolloquio su Skype? Perché no?

Il contatto telefonico non permette alle aziende di inquadrare perfettamente un candidato e le sue qualità. Cosa che invece è possibile attraverso le videochiamate con Skype, Messenger o WhatsApp. Ecco come gestire al meglio un colloquio alternativo con i recruiter.

In un’epoca in cui le distanze si sono ridotte grazie ai media digitali, anche il colloquio di lavoro cambia forma. Facendo risparmiare tempo ed energie a tutti, lavoratori e recruiters.
La possibilità di trovare ingaggi anche molto lontani da casa permette infatti di evitare gli spostamenti per assolvere a questo cruciale cerimoniale. D’altronde il colloquio di lavoro è sempre stato ed è ancora per tutti un grande momento della verità, un rituale nel quale si gioca gran parte del nostro futuro occupazionale. Quel momento in cui l’ansia scorre a fiumi nelle vene e può anche giocare brutti scherzi.

Videochiamata: che diavoleria!
Ebbene, da un po’ di anni molti recruiter affiancano al colloquio di lavoro anche la videochiamata per conoscere chi si candida a una posizione lavorativa. E con ottimi risultati.
Certo, avere il candidato presente di fronte a sé dal vivo è tutta un’altra cosa: le informazioni che si possono raccogliere durante in un incontro vis-à-vis sono sicuramente superiori a quelle ottenibili via video.
La postura, la stretta di mano, il portamento e altri piccoli particolari sono infatti pane per i denti di ogni bravo recruiter. Ma non sempre l’incontro di persona è fattibile e allora bisogna accontentarsi di un incontro a distanza. Soprattutto quando c’è la necessità di ridurre i tempi di assunzione e le persone da contattare si trovano a centinaia di chilometri, cosa che accade spesso a noi di geoJOB.

Un profilo più ricco
È chiaro che una videointervista non potrà mai sostituire la ricchezza emotiva e l’esaustività di un incontro reale, ma in mancanza di meglio rappresenta già un ottimo risultato. A noi capita spessissimo di contattare lavoratori e professionisti che abitano in luoghi in cui sappiamo che sorgeranno cantieri anche piuttosto importanti. E molte volte si tratta di zone parecchio distanti da Milano, la città in cui abbiamo gli uffici. E sarebbe davvero scoraggiante obbligare un candidato a venire a fare il colloquio qui, da noi, partendo magari da Trieste o da Bari!
Ecco perché utilizziamo spesso e volentieri Skype e altri marchingegni tecnologici come WhatsApp e Messenger per comunicare con i nostri nuovi iscritti e riuscire così a conoscerli meglio. Ed è per questo che consigliamo a tutti di seguire questo piccolo vademecum che li può aiutare a gestire al meglio l’opportunità di un colloquio a distanza. Vediamo come e soprattutto perché.

Piccole regole di buon senso
E ovviamente le regole di una conversazione via video sono le stesse di un incontro dal vivo. Occorre dunque conoscerle bene per poter affrontare con successo un colloquio di lavoro.
Si tratta in fondo di principi piuttosto semplici. Osserviamoli insieme.
Innanzitutto occorre prepararsi con anticipo senza crearsi troppe ansie, ma anche senza sottovalutare la situazione. Si tratta sempre di un lavoro. È giusto allora chiedere al recruiter quanto tempo si avrà a disposizione per organizzare al meglio la propria presentazione. Ma anche per potersi preparare adeguatamente a rispondere alle domande tipiche di quest’importante momento. Occhio dunque alle astuzie e alla concretezza del reclutatore, il quale sarà concentratissimo sulla vostra gestualità, sul tono di voce, sulla chiarezza espositiva e soprattutto sulla vostra empatia. Lavorare in gruppo non è cosa da tutti, e nei mestieri delle costruzioni il senso di appartenenza al team e la cooperazione sono fondamentali!

Attenzione ai dettagli
Avere un’ottima capacità comunicativa è importante ma non è indispensabile. Necessario è invece avere cura del dettaglio, dalla presentazione del proprio profilo Skype o Facebook fino al modo di vestire per l’incontro in videochiamata. Per essere in grado di trasmettere competenza e affidabilità occorre infatti presentarsi bene, anche se non ci muoviamo dalla nostra dimora.
Bando dunque ai vestiti dimessi o da casa. Occorre agghindarsi come se si andasse davvero a un colloquio di lavoro. Attenzione inoltre a quanto si vedrà nell’inquadratura della videochiamata: controlliamo sempre che non spuntino stiratrici, ambienti disordinati o poster di dubbio gusto. Provare a vedere cosa vedrà il nostro interlocutore è sempre molto raccomandabile.
Per quanto riguarda la forma, ricordiamoci di essere puntualissimi all’appuntamento. Un ritardo o un contrattempo deve essere comunicato per tempo. E deve essere davvero importante e credibile! Altrimenti la percezione di sciatteria e disordine è assicurata!

Postura e altri piccoli consigli
Per quanto riguarda la postura e l’impressione di primo acchito, cerchiamo di tenere un certo “standing” e non gesticoliamo troppo. Il linguaggio non verbale dice tantissimo di noi, e a volte ci fa apparire un po’ sciocchi, e spesso del tutto diversi da quanto siamo in realtà. Su Skype è possibile tenere aperta la finestrella che mostra il vostro volto: teniamola aperta per tenere sotto controllo la nostra postura.
Anche il tono della voce e le espressioni del volto devono essere positive e possibilmente naturali. Anche qui, una prova generale da fare con un amico dall’altra parte di Skype è sempre auspicabile prima della solenne videochiamata con il recruiter. Inoltre serve a verificare le connessioni audio e video. È sempre meglio non avere sorprese dell’ultimo momento.
Infine l’ambiente di casa in cui fare la videochiamata: deve essere luminoso, ordinato e pulito. Stiamo lontanissimi dai luoghi rumorosi e pieni di distrazioni. L’incontro con il recruiter deve essere sereno e consentire la massima concentrazione. Si parla di noi e del nostro futuro. Non siamo certo al bar! E soprattutto, prepariamoci per tempo alle domande più importanti, quelle che riguardano il nostro percorso di studi, la carriera professionale, le competenze e gli obiettivi che ci prefiggiamo con questo possibile ingaggio. Un piccolo riepilogo di noi stessi basterà a vincere ogni residuo di timidezza ed esitazione.
Be’, giunti a questo punto, che altro dire?
In bocca al lupo!

Rapporto Ance: poche luci e tante ombre

Rapporto Ance: poche luci e tante ombre

Il rapporto annuale dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili fotografa la preoccupante situazione del settore delle costruzioni e prevede modesti indizi di crescita per il biennio 2019-2020. L’allarme è ormai conclamato!

Non sono buone le notizie che giungono dall’Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni che fornisce una fotografia del settore delle costruzioni con previsioni per l’anno in corso e anche per il 2020.
L’incertezza economica dovuta al rallentamento dell’economia sta coinvolgendo tutti i settori produttivi, a partire da quello delle costruzioni che risulta essere ormai un malato cronico. Sono infatti ben undici anni che il settore registra performance negative e per molti versi drammatiche, con livelli produttivi ridotti di circa un terzo, la chiusura di oltre 120mila imprese e la perdita di oltre 600mila posti di lavoro.

Occupazione e imprese: allarme rosso
Esattamente un anno fa l’Ance aveva previsto per il 2018 una ripresa del settore con un incremento del 2,4%. A trainare la crescita dovevano essere i lavori pubblici con un aumento del 2,5% rispetto all’anno precedente. Ma questa previsione è stata ampiamente disattesa dal momento che gli investimenti in opere pubbliche, anziché aumentare, sono diminuiti del -3,2% nel 2018 rispetto a un già critico 2017.
Una situazione sempre più complicata che ha generato una grande sofferenza lungo tutta la filiera, con un bilancio pesantissimo sul piano occupazionale. Sono circa 620mila i posti di lavoro persi nell’edilizia dall’inizio della crisi e i segnali di questa emorragia sono sempre più evidenti. Nei primi 9 mesi del 2018 le Casse Edili evidenziano una diminuzione dello 0,3% dei lavoratori iscritti e dello 0,9% del numero di ore lavorate. Una dinamica in linea con quanto evidenziato dall’Istat che, nello stesso periodo, segnala una riduzione dell’1,5% nel numero di occupati.
Anche sul fronte della tenuta delle imprese la situazione si fa sempre più drammatica: dal 2008 sono infatti 120mila quelle che hanno chiuso i battenti.

Un futuro che richiede scelte
Sulla base degli indicatori economici generali e relativi al settore, l’Ance aveva stimato per il 2019 un aumento degli investimenti in costruzioni del 2%, un dato percentuale motivato da una serie di indicatori. Li elenchiamo: 1 miliardo di investimenti in più nel comparto della nuova edilizia residenziale privata (+3,5%); 2 miliardi di investimenti in più nel comparto dell’edilizia non residenziale privata; 1,2 miliardi di investimenti in più nella manutenzione degli edifici (effetto “Sismabonus”); e 800 milioni in più negli investimenti in opere pubbliche. Quest’ultimo incremento lascia ben sperare per il futuro, anche se sarà difficile invertire il lungo trend negativo in atto dal 2006 senza un ricorso davvero massiccio a investimenti pubblici. Negli ultimi undici anni, fa notare l’Ance, l’Italia ha perso 69 miliardi di investimenti in costruzioni, con 26 miliardi in meno in opere pubbliche, pari al 54% dell’intero mercato. Nessun altro Paese al mondo ha fatto peggio dell’Italia.

Previsioni al ribasso
A giudizio dell’Ance sono molti gli ostacoli che impediscono la crescita del settore: da un lato c’è l’ultima manovra economica che inibisce di fatto gli investimenti. Dall’altro si presentano nuove condizioni di contesto che possono solo impensierire gli attori della filiera, come ad esempio il rallentamento degli scambi commerciali, le norme dei contratti pubblici che ostacolano le scelte di investimento, anche tra gli operatori privati, e infine le forti tensioni sui mercati finanziari che inducono a prevedere gravi ripercussioni economiche e sociali già durante il 2019.
Per questo le previsioni di Ance sono del tutto prudenziali e stimano per l’anno in corso un andamento degli investimenti in costruzioni in aumento di solo +1,1% complessivo, ben 1,3 miliardi in meno rispetto allo scenario di partenza.
In particolare per i singoli comparti l’Ance prevede investimenti in nuove costruzioni residenziali a +1,5% (circa 400 milioni di euro in meno); investimenti in costruzioni non residenziali private a +1,8% (ben 500 milioni in meno); e investimenti in opere pubbliche a solo +0,2% (con solo 400 milioni, cioè circa la metà, degli investimenti preventivati in origine).
In totale 1,3 miliardi di investimenti in meno rispetto allo scenario di partenza. I rischi sono addirittura maggiori nel 2020, dove la caduta del settore potrebbe essere ancora più rovinosa.

Il ruolo della formazione secondo geoJOB
Allontanandoci un poco dal drammatico scenario fotografato da Ance, noi di geoJOB crediamo che in un momento così difficile per il settore ci sia molto da fare sul fronte dell’aggiornamento e della formazione professionale.
Il ruolo della manodopera sta infatti diventando sempre più dirimente e la preparazione delle maestranze è uno di quei temi cruciali che non si possono più rimandare.
La competitività tra le aziende ha infatti raggiunto livelli elevatissimi, con marginalità sempre più risicate e costruite spesso sulla pelle dei lavoratori. Perché, parallela alla formazione, viaggia anche la questione della sicurezza sul lavoro.
L’aggiornamento professionale rappresenta, al pari degli investimenti, una delle risposte più decisive e convincenti per far fronte ai problemi che affliggono il nostro settore. E ci auguriamo che questo tema venga presto sviluppato in tutte le più autorevoli sedi di discussione, private e governative, e a tutti i livelli. Anche noi, nel nostro piccolo, faremo la nostra parte.