Il Contratto di Apprendistato per gli “over 29”

Il Contratto di Apprendistato per gli “over 29”

L’apprendistato per i lavoratori con età superiore ai 29 anni è ormai una realtà consolidata. Vediamo di che cosa si tratta e perché questa forma contrattuale è così conveniente per le aziende.

Non tutti sanno che esiste un contratto di apprendistato senza limiti d’età che permette alle aziende di impiegare lavoratori con ottime esperienze lavorative alle spalle. Si tratta di un’interessante opportunità di riqualificazione, sia per i lavoratori che per le imprese, che prende le mosse dal classico contratto di apprendistato nella forma professionalizzante per gli under 28 ma che da qualche anno è valido anche per tutti gli over 29.
Si tratta quindi di una grande opportunità di reinserimento nel mondo del lavoro per quei lavoratori con qualche anno in più che percepiscono indennità di disoccupazione a sostegno del reddito come la NASpI, o l’indennità speciale di disoccupazione edile. Oppure che sono in mobilità o hanno stipulato il relativo patto di servizio personalizzato con i centri per l’impiego.
Il riferimento normativo è nell’art. 47, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015 che introduce una particolare deroga alle norme generali per il caso in cui un datore di lavoro voglia assumere un soggetto iscritto alle liste di mobilità o che stia percependo un trattamento di disoccupazione. Di fatto, questa normativa, inserita all’interno del Jobs Act, permette soprattutto ai datori di lavoro di ottenere importanti sgravi contributivi e fiscali a fronte di un contratto di lavoro che prevede, al pari di quanto avviene per i giovani apprendisti, un periodo di formazione obbligatorio al termine del quale vi è la conferma della trasformazione dell’apprendistato nel contratto a tempo indeterminato.
Una forma di qualificazione o riqualificazione professionale per coloro che percepiscono un’indennità di disoccupazione che è da qualche anno legata a un apprendistato senza limiti d’età e che rappresenta dunque un formidabile strumento per le aziende intenzionate a rintracciare sul mercato del lavoro quei soggetti con ottime esperienze di cantiere. Maestranze capaci che hanno solo bisogno di essere formate e aggiornate alle nuove esigenze tecniche, e che consentono alle imprese di ottenere anche notevoli benefici in abito contributivo. Insomma, due piccioni con una fava.
Inoltre la “formazione di base” su competenze trasversali non è obbligatoria per gli over 29 che percepiscono indennità di disoccupazione a sostegno del reddito, e che hanno quindi già avuto esperienze lavorative. Il legislatore ha presunto infatti che questi lavoratori siano già in possesso di tali abilità.

L’inquadramento normativo

Il contratto di apprendistato è a tutti gli effetti un contratto di lavoro a tempo indeterminato in cui il datore di lavoro corrisponde all’apprendista una retribuzione adeguata alla prestazione di lavoro, ma in forma ridotta rispetto al regolare inquadramento contrattuale. Questa riduzione è motivata sia dalla inesperienza del cosiddetto “apprendista” sia dell’obbligo della società ad effettuare una formazione professionalizzante al “ragazzo” assunto.
Oltre ad una retribuzione regolamentata in tal modo, viene erogata anche una formazione specifica volta a far acquisire al lavoratore la maggiore competenza professionale desiderata. In sostanza, il datore di lavoro è tenuto a erogare, sia in azienda sia con training esterno, la formazione prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento. A tal fine è previsto l’obbligo, per tutta la durata dell’apprendistato, della presenza di un tutor in possesso dei requisiti previsti dalla normativa.
L’istituto del contratto di apprendistato, varato nel 2011 per agevolare l’inserimento nel mondo del lavoro di giovani fino ai 28 anni, dal 2016 prevede anche l’assunzione di lavoratori “over 29” che siano beneficiari di mobilità o di trattamenti di disoccupazione, ma senza più limiti di età. L’obiettivo è sempre lo stesso: la qualificazione o riqualificazione professionale per un miglior reinserimento nel mondo del lavoro.
Per evitare gli abusi del contratto di apprendistato e soprattutto lo sfruttamento improprio delle agevolazioni di tipo retributivo e contributivo da parte delle aziende, la normativa prevede per i datori di lavoro alcuni limiti in termini di numero di assunzioni possibili. Si tratta di soglie calcolate sulla base dell’organico complessivo dell’azienda e delle assunzioni già effettuate con lo stesso contratto. Ad esempio per le imprese con più di 50 dipendenti, l’inserimento di nuove risorse con contratto di apprendistato professionalizzante può avvenire solo se almeno il 20% degli apprendisti assunti nei 36 mesi precedenti è stato confermato al termine dell’apprendistato.

Durata del contratto e retribuzione

Il contratto di apprendistato professionalizzante prevede una durata minima di 6 mesi e non può superare i 3 anni, anche se per alcune professioni artigianali si può arrivare fino a 5 anni.
Nel redigere il contratto occorre specificare con cura il profilo formativo del lavoratore e la qualifica che sarà acquisita al termine del periodo di apprendistato.
Riguardo alle categorie retributive, l’“apprendista” ha diritto ad avere un inquadramento con non oltre due livelli inferiori rispetto alla categoria di un lavoratore che svolge la medesima mansione. Il dipendente assunto con il contratto di apprendistato riceverà dunque uno stipendio che aumenterà gradualmente col passare del tempo, sempre in base all’anzianità di servizio, fino a raggiungere il 100% della retribuzione prevista per il proprio livello.
Per le aziende che stipulano questi contratti è bene rammentare che, anche se l’apprendistato è per legge un contratto a tempo indeterminato, è prevista una scadenza precisa del periodo formativo al termine del quale entrambe le parti possono interrompere in piena libertà il rapporto di lavoro.
Il periodo di preavviso per le dimissioni o per la non riconferma decorre quindi dalla data in cui termina il periodo di apprendistato.
Da entrambe le parti non occorre portare alcuna motivazione a sostegno della decisione di interrompere il rapporto. Si interrompe e basta. Il recesso al termine del periodo di apprendistato è uno di quei casi in cui né il datore di lavoro né il dipendente devono dimostrare la legittimità di una giusta causa o di un giustificato motivo. L’unico obbligo è per l’azienda, che deve comunicare, attraverso il relativo sistema informatico, entro 5 giorni la cessazione del rapporto al Centro per l’Impiego

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