Gli alti costi della “non sicurezza”

Gli alti costi della “non sicurezza”

Un mix di fatalismo ed errato calcolo probabilistico inducono gli imprenditori ad abbassare la guardia sulla sicurezza in cantiere. Eppure i vantaggi della prevenzione sono moltissimi ed economicamente interessanti. Vediamoli insieme.

Sembra che gli imprenditori siano oggi molto più sensibili ai costi della sicurezza che a quelli della “non sicurezza” mostrando una certa noncuranza per le sanzioni e le responsabilità penali degli infortuni sul lavoro. Eppure i costi nascosti delle pratiche illegali sono molto superiori rispetto ai vantaggi acquisiti nel tempo, e la tendenza a comprimere il budget della salute e della sicurezza alla lunga non paga affatto.
I dati parlano chiaro. Un’importante ricerca dell’International Social Security Association di qualche tempo fa ha messo in luce come oltre al cosiddetto Roi, cioè il valore del Ritorno degli Investimenti, esiste anche il Ritorno della Prevenzione (Rop) che permette di calcolare il rapporto tra i costi sostenuti da un’azienda in profilassi e prevenzione e i benefici economici quantificabili nel tempo.
Ebbene, a livello globale Issa stima un Return on Prevention medio pari a 2,2, vale a dire che per ogni euro investito in sicurezza si determina un beneficio quantificabile in 2,2 euro per l’azienda. Non solo: per alcune voci di costo il guadagno è ancora più sensibile: ad esempio il Rop della formazione arriva a 4,5 euro medi per ogni euro speso, mentre i check-up sanitari raggiungono addirittura il Rop di 7,6 euro.

Un problema culturale
I dati Issa sono molto significativi e convincenti, eppure le aziende non conoscono ancora questi riflessi positivi, e non li possono quindi apprezzare. Questo problema è di tipo culturale e interessa soprattutto le piccole e medie imprese, che rappresentano oltre il 90% del totale e che presentano un insieme di variabili che non facilitano l’adozione corretta e continuativa delle pratiche di messa in sicurezza.
Le ragioni sono molte. Elenchiamo le più comuni, cominciando dalla prima, la più rilevante: Il datore di lavoro che porta due cappelli. Oltre a fare l’imprenditore, egli svolge spesso anche la funzione di RSPP, cioè Responsabile del servizio di prevenzione e protezione. In questo doppio ruolo il datore di lavoro non si spende completamente nella prevenzione perché è coinvolto in prima persona come imprenditore e, complice la crisi e le spese generali di gestione, si limita a esercitare un’attività di controllo delle attrezzature e di richiamo dei dipendenti laddove è strettamente necessario. L’unica sua preoccupazione è quella di scongiurare l’intervento degli organi di vigilanza. Per tutte le altre attività relative alla sicurezza, si affida a società esterne.

Fatalismo e bassa percezione del pericolo
Altro fattore che non predispone la piccola e media impresa verso la prevenzione è la scarsa percezione del pericolo. Nelle Pmi vi è infatti, statisticamente, una bassa frequenza di infortunio. Ciò comporta una sottovalutazione continua del potenziale esborso economico dell’evento infortunistico. Che, quando capita, compromette profondamente la salute di un’azienda. È questo un punto cardine su cui batte da tempo l’European Agency for Safety and Health at Work, che ha messo in luce quanto sia difficile per le piccole aziende rimettersi in piedi dopo un grave incidente sul lavoro.
L’agenzia intergovernativa sottolinea infatti che per una piccola e media impresa è oltremodo complicato e oneroso rimpiazzare lavoratori chiave per il proprio business. Sospensioni anche brevi dell’attività comportano inoltre una forte perdita di clienti e di commesse, mentre piccolissimi incidenti o banali malattie professionali possono produrre un raddoppio del tasso di assenteismo. Senza parlare poi degli infortuni gravi, che sono in grado di determinare l’interruzione definitiva dell’attività per gli alti costi conseguenti.

Un cambio di mentalità
Ma come cambiare la mentalità degli imprenditori e fargli capire che ci sono più vantaggi che svantaggi nell’approcciare il tema della prevenzione?
Il percorso sembra molto in salita, soprattutto perché i costi legati alla sicurezza sono percepiti come elevati. La legge richiede infatti una serie di interventi molto onerosi per un piccolo imprenditore: dal monitoraggio degli impianti fino alla prevenzione e protezione di incendi; dalla sostituzione di attrezzature non a norma alla formazione dei lavoratori; dalla sorveglianza sanitaria all’acquisto di dispositivi di protezione individuali; dall’acquisto di materiale per il primo soccorso fino alla redazione del documento di valutazione dei rischi.
Le normative incombono numerose e sono anche piuttosto costose. È quasi automatico cercare allora di allentare un po’ la corda.
Cionondimeno gli imprenditori possono individuare con successo alcune voci di costo che sfuggono e intraprendere un percorso di conoscenza volto a ridurre i rischi e aumentare la produttività.
Le resistenze delle aziende a investire in sicurezza sono infatti essere in parte dovute alla scarsa consapevolezza di questi vantaggi.

I costi della “non sicurezza”
Ma quali sono i costi reali della sicurezza sul lavoro? E come fare per cambiare la percezione degli imprenditori su questo tema? Secondo noi occorre ribaltare la forma della domanda per capire esattamente di che cosa stiamo parlando. Bisogna quindi chiedersi quali siano davvero gli oneri derivanti dalla mancanza di sicurezza.
Noi di geoJOB crediamo infatti che l’obiettivo di un imprenditore non debba essere solo orientato a ridurre i costi della sicurezza ma sia soprattutto volto a incrementare la produttività di uomini e attrezzature per ottenere un rendimento ottimizzato.
Ad esempio, i costi derivanti dal tempo perso dal lavoratore interessato dall’infortunio, o il tempo perso dagli altri lavoratori e dal caposquadra bloccati a seguito dell’infortunio, il costo delle attrezzature o dei materiali danneggiati, insieme al costo del lavoratore che ha beneficiato del sistema di assistenza sanitaria, o la sua minore efficienza lavorativa successiva all’infortunio, o i costi dovuti ad altre spese generali, sono tutti costi evitabili. Compito dei partner esterni dell’imprenditore è quello di metterlo di fronte alla probabilità statistica con la quale questi eventi possono accadere. Che c’è e va mantenuta sempre bassa.
Pensiamo quindi che l’imprenditore possa essere aiutato a stimare con accuratezza i costi derivanti dalla mancata sicurezza e raggiungere così una maggiore consapevolezza rispetto all’importanza della prevenzione.
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