GeoJOB si racconta – Estefany
Lavorare nelle risorse umane è un compito complesso e coinvolge molte più attività di quanto si creda. Molti pensano che significhi solo buste paga e colloqui, ma non è tutto! Abbiamo posto delle domande a Estefany, Fabio, Matteo e Vittorio di GeoJob per aiutarci a sfatare questi luoghi comuni. Ci offriranno una prospettiva diretta su questo importante settore.
La prima intervista è di Estefany
Risorse umane significa solamente avere a che fare con colloqui e buste paghe?
Estefany: quando parliamo di risorse umane abbiamo a che fare con un reparto davvero ampio che comprende molte attività oltre che quelle che sono state appena citate. Per esempio chi lavora nelle risorse umane si occupa anche di formazione del personale, gestione delle pratiche aziendali e anche mantenimento del clima aziendale.
C’è un mondo sconosciuto ai più dietro alla parola HR.
Quale pensi sia la mansione più complessa di chi lavora come hr recruiter?
Estefany: la mansione più complessa è fare match tra le richieste del cliente e le caratteristiche personali e professionali del candidato. Trovare un candidato perfetto, che risponda a tutte le richieste dell’azienda è un compito difficilissimo, spesso impossibile. Noi come recruiter dobbiamo andare oltre e riuscire ad individuare la figura in grado di soddisfare le esigenze del cliente e di formarsi per apprendere rapidamente le mansioni che non conosce.
Pensi che questo sia davvero un lavoro senza stress?
Estefany: ci piacerebbe, ma lavorare con le persone, conoscerle, ascoltare le loro parole per indagare e scoprirne i punti di forza, di debolezza e le loro esigenze richiede grande attenzione e concentrazione.
Il consiglio nazionale ordine psicologi ha da poco pubblicato i risultati di una ricerca molto interessante secondo cui la salute mentale dei lavoratori italiani è all’ultimo posto in Europa al pari merito con il Giappone. Quali riflessioni ti senti di fare in merito a ciò in rapporto col tuo lavoro?
Estefany: noi lavoratori italiani più giovani ci trasciniamo da molto tempo una cultura del lavoro tossica che abbiamo ereditato dalle generazioni precedenti dei nostri padri e dei nostri nonni. Prima c’era l’idea secondo cui il lavoro era l’unico aspetto che davvero contava nella vita di una persona a scapito della propria vita personale. Le generazioni prima delle nostre avevano questa concezione erronea secondo cui lavorare tante ore significava necessariamente lavorare molto bene: per un capo, infatti, stare in ufficio 12 ore significava inevitabilmente un lavoro di qualità e gran parte delle nuove generazioni hanno ancora in testa questo ideale a mio avviso profondamente sbagliato.
Pensi che lo smart working o la settimana lavorativa di quattro giorni sia un vantaggio o uno svantaggio per ridurre il carico di stress sul lavoro al giorno d’oggi?
Estefany: è innegabile che lo smart working o la modalità di lavoro cosiddetta ibrida sia un vantaggio per i lavoratori perché è una condizione che permette un giusto equilibrio tra vita lavorativa e vita personale. Per quanto riguarda la settimana corta, o settimana da quattro giorni, io penso che non ci siano abbastanza studi per poter spiegare i possibili benefici o meno di questa modalità di lavoro.
Ultima domanda, che consiglio indispensabile ti sentiresti di dare a chi sta inoltrando la sua candidatura per lavorare nelle risorse umane di una qualsiasi azienda?
Estefany: io gli chiederei di fare una riflessione e di porsi alcune domande: “sono davvero una persona predisposta, orientata all’obiettivo, sono una persona a cui piace stare a stretto contatto con le persone e gestire le situazioni critiche che un lavoro di questo tipo potrebbe comportare?”
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