GeoJOB si racconta, intervista a Vittorio

Abbiamo intervistato anche Vittorio Massimo Borgo. Recruiter e fondatore di geoJOB Recruitment Srl.

Ecco la sua intervista:

“Risorse umane”: significa solamente avere a che fare con colloqui e buste paghe? 

Occorre prima di tutto capire che le risorse umane sono il vero valore dell’azienda e ricondurre il ruolo dell’HR a colloqui ed elaborazione delle buste paga è molto riduttivo. Le risorse umane rappresentano un settore molto più ampio e complesso di quanto possa sembrare a prima vista.  Ma cosa sono le “Risorse Umane”? Sono un dipartimento all’interno delle aziende che gestisce tutto ciò che riguarda le persone che vi lavorano. Ciò include il reclutamento, selezione, assunzione, onboarding o benvenuto, formazione, promozione, buste paga, contratti e, aimè, anche i licenziamenti.

geojob team - esperti ricerca settore edile

Quale pensi sia la mansione più complessa di chi lavora nelle risorse umane?

Durante la mia carriera, ormai arrivata a oltre 40 anni di attività, ho ricoperto tutti i ruoli all’interno di una azienda. Ho iniziato a lavorare appena terminati gli studi all’interno dei cantieri, per poi trasferirmi in sede all’ufficio del personale ad elaborare i cedolini paga e successivamente alla gestione del personale per soddisfare le esigenze delle attività dei cantieri. Sono riuscito, nel tempo, a crescere professionalmente e che mi hanno portato a ricoprire il ruolo di Direttore delle Risorse Umane in società multinazionali che operavano sia in Italia che all’estero. Dal 2010 ha inizio la crisi di tutto il settore edile che ha portato alla chiusura di importanti aziende di costruzioni in Italia. La sostanziosa esperienza che avevo incamerato mi ha consentito di iniziare a svolgere l’attività di consulente Business Partner in aziende con settori dall’edilizia al metalmeccanico e farmaceutico. Nel 2018, terminato un Executive Master, riesco a realizzare il mio sogno di diventare imprenditore e fondo una start-up innovativa, la geoJOB Recruitment, Agenzia per il Lavoro per la ricerca e selezione di personale qualificato dedicata al solo settore dell’edilizia, costruzioni e ingegneria.

Quindi posso sicuramente sostenere di “averle viste tutte” e posso rispondere alla tua domanda.

In questi anni la funzione delle risorse umane è cambiata notevolmente, le strutture e i modelli di business fissi non sono più idonei a rispondere alle esigenze di un mercato in continuo cambiamento. Il periodo del Covid-19 ha modificato e apportato uno scostamento dal concetto di ‘team’ e ‘leadership’ in senso più tradizionale. Oggi, qualsiasi posizione che una persona possa ricoprire nel reparto delle Risorse Umane ha una funzione strategica all’interno delle organizzazioni e ognuna di queste posizioni richiede abilità diverse, come: comunicazione efficace, capacità di giudizio, empatia e negoziazione. 

Il consiglio nazionale ordine psicologi ha da poco pubblicato i risultati di una ricerca molto interessante secondo cui la salute mentale dei lavoratori italiani è all’ultimo posto in Europa al pari merito con il Giappone. Quali riflessioni ti senti di fare in merito a ciò in rapporto col tuo lavoro?

Mi dispiace sentire che la salute mentale dei lavoratori italiani sia all’ultimo posto in Europa. La salute mentale è un aspetto fondamentale del benessere e della qualità della vita, e il lavoro può avere un impatto significativo sulla salute mentale delle persone.  È importante sottolineare che la salute mentale è influenzata da diversi fattori, tra cui lo stress lavorativo, il carico di lavoro, le aspettative e le relazioni sul posto di lavoro. La pandemia da COVID-19 ha ulteriormente amplificato queste sfide per molte persone. La ricerca pubblicata dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi può essere un’opportunità per sensibilizzare il pubblico e le organizzazioni sull’importanza della salute mentale sul posto di lavoro. Ho visto cambiare il mondo del lavoro nel giro di pochissimo tempo. Oggi abbiamo bisogno di flessibilità, comprensione, inclusività e ricercare un valido equilibrio tra vita lavorativa e familiare. In alcuni momenti è difficile coniugare “diritti” e “doveri” che sono strettamente legati e spesso si influenzano a vicenda. È importante, infine, cercare di comprendere e rispettare sia i diritti che i doveri, perché entrambi sono necessari per creare una società equa e giusta.

Pensi che lo smart working o la settimana lavorativa di quattro giorni sia un vantaggio o uno svantaggio per ridurre il carico di stress sul lavoro al giorno d’oggi?

Uno dei cambiamenti che ho vissuto è stata l’introduzione dello “smart working”; impensabile fino a qualche anno fa. Fino a pochi anni fa, infatti, il lavoro da remoto o a distanza era considerato un’opzione molto limitata e riservata a pochi lavoratori con ruoli particolari.

Oggi, invece, lo smart working è diventato un’opzione di lavoro molto diffusa, concreta e vantaggiosa per molte persone, grazie alle tecnologie digitali che consentono la comunicazione e la collaborazione a distanza. 

Mentre la settimana lavorativa di quattro giorni può essere vista sia come un vantaggio che come uno svantaggio, a seconda delle circostanze e dei contesti specifici. 

Sono certo che, lavorare 4 giorni a settimana, potrebbe consentire ai lavoratori di avere più tempo libero per dedicarsi ad altre attività, come la famiglia, il tempo libero o la formazione professionale. Tuttavia, è importante anche considerare attentamente le esigenze specifiche dell’azienda e dei lavoratori, nonché le eventuali sfide o problematiche che potrebbero emergere da una riduzione dell’orario di lavoro. 

L’azienda dovrebbe valutare attentamente gli effetti che, una riduzione dell’orario di lavoro, potrebbe avere sulla sua produttività, sulla sua capacità di soddisfare le esigenze dei clienti e sul suo bilancio economico. Per il periodo che stiamo vivendo oggi vedo delle difficoltà ad immaginare una riduzione dell’orario di lavoro a parità degli stipendi.

Ultima domanda, che consiglio indispensabile ti sentiresti di dare a chi sta inoltrando la sua candidatura per lavorare nelle risorse umane di una qualsiasi azienda?

Il consiglio indispensabile che darei a chi si candida per lavorare nelle risorse umane è di dimostrare empatia, flessibilità e una forte capacità comunicativa. 

In questo momento storico invito i giovani che stanno per iniziare questo mestiere a dotarsi si una buona dose di coraggio e aspirazione. Le risorse umane richiedono di lavorare con persone diverse e di affrontare diverse sfide. 

Mostrare che sei in grado di comprendere le esigenze degli altri, adattarti alle diverse circostanze e comunicare efficacemente con tutti i livelli dell’organizzazione ti renderà un candidato di spicco nel settore delle risorse umane.

Leggi l’intervista di Fabio e Matteo

L’implementazione del Lean Management nelle imprese specializzate geotecniche: Intervista con l’Ing.Davide Alesi

Abbiamo avuto l’opportunità di intervistare l’ing. Davide Alesi, un esperto nel settore dei lavori geotecnici con oltre 20 anni di esperienza nella gestione delle opere di fondazione e consolidamento di terreni in importanti cantieri in Italia e all’estero. Attualmente, ricopre il ruolo di Chief Operating Officer presso la RODIO Spezialtiefbau GmbH del Gruppo Terratest. Durante la nostra intervista, abbiamo discusso la sua esperienza nell’implementazione delle metodologie Lean nella gestione dei cantieri geotecnici.

Scoperta del Lean Management:

Alesi ha scoperto l’approccio Lean durante uno dei corsi del Master MBA che ha frequentato, organizzato dal Sole 24 Ore insieme all’Università Cattolica di Milano. La scelta del Master è stata fatta dopo aver conseguito, qualche anno prima, la certificazione PMP (Project Management Professional). Nella sua esperienza di gestore di cantieri dell’ingegneria geotecnica, Alesi ha riscontrato delle difficoltà a sfruttare le nozioni della certificazione PMP, più adatta a contesti più strutturati e formali, mentre i “suoi” cantieri geotecnici richiedevano un approccio più snello nella programmazione dei lavori e, di conseguenza, un coinvolgimento diverso del team.

Smettere di lavorare come pompieri.

In quel periodo Alesi lavorava in Israele, in una società con una età media molto bassa se confrontata con quella di una società di costruzioni simile in Italia. Una delle prime esigenze riscontrate da Alesi nella gestione dei cantieri era quella di mettere il team nelle condizioni di  minimizzare le situazioni di emergenza (dovute in prevalenza alla giovane età) cercando delle soluzioni per “meccanizzare” (standardizzare nel gergo Lean) le attività abituali.

Il Lean è infatti un metodo di miglioramento continuo che è possibile implementare solo se le lavorazioni vengono prima standardizzate nella loro operatività giornaliera, settimanale e mensili.

In quegli anni lavoravo in Israele dove la settimana inizia di Domenica. Gli imprevisti da risolvere arrivavano anche quelle Domeniche mattine in cui ero a casa in Italia ed il cellulare suonava presto perché c’era un problema da risolvere. Oltre al fermo dei lavori in cantiere la difficoltà di stare con serenità in famiglia. Era spesso una rincorsa contro il tempo e avevo la sensazione di lavorare come se fossi un pompiere in perenne emergenza. Avevo un problema da risolvere.”

Implementazione del Lean Management:

Chiarito il problema viene definito anche l’obiettivo: cercare di ridurre le situazioni di emergenza nei cantieri migliorandone l’efficienza. E così Alesi prova inizialmente  ad introdurre uno strumento del sistema di Lean Management: il Last Planner System. L’obiettivo principale era quello di guardare avanti con un certo livello di dettaglio per prevedere e minimizzare i potenziali problemi/rischi. Un semplice “esercizio” visto con molta diffidenza iniziale (“pensare costa fatica”) che ha però portato grandi benefici riconosciuti in primis dal giovane eam di cantiere.

In una seconda fase, Alesi ha quindi coinvolto dei consulenti esterni per avviare un percorso Lean strutturato in un cantiere pilota. Grazie ai consulenti sono stati creati dei gruppi di lavoro focalizzati su aspetti specifici: efficientamento della manutenzione delle macchine, la pianificazione oltre che il “change management” ovvero l’insieme delle attività per la gestione al cambiamento delle abitudini in azienda. Il change management è un percorso lento e complesso con un forte impatto sulle abitudini delle persone, che per loro natura mostrano sempre una certa resistenza al cambiamento.

Il racconto di Alesi si fa sempre più accalorato e pieno di particolari avvincenti. Ha raccontato che l’inizio non è stato per nulla semplice: dover gestire contemporaneamente il lavoro quotidiano e contemporaneamente implementare le nozioni del Lean Management è stata una sfida per tutto il Team.  E’ proprio grazie all’aiuto e al supporto di consulenti esterni, oltre che alla sua determinazione, che il Team è riuscito a non abbandonare il percorso intrapreso e a mettere in atto piccoli miglioramenti, settimana dopo settimana. I risultati nel cantiere pilota non si sono fatti attendere: non solo con una maggiore efficienza (e di conseguenza un miglior risultato economico) ma anche e soprattutto uno spirito positivo creatosi nel Team che oltre a lavorare per fare produzione, si sentiva coinvolto anche per migliorare il modo stesso di lavorare.  

Diffusione della cultura del miglioramento:

Dopo il successo del cantiere pilota, il General Manager si convinse di investire per promuovere la “cultura del miglioramento” in tutti gli altri cantieri attraverso un percorso strutturato, la realizzazione di eventi specifici oltre che di slogan aziendali. Il gruppo che aveva lavorato al “change management” è stato così coinvolto fattivamente per supportare questo nuovo processo di trasformazione.
Alesi ritiene che siano due i pilastri quando si parla di Lean Management per il settore delle costruzioni: da una parte strumenti specifici (come ad esempio il Last Planner System, il TPM, le 5S solo per citarne alcuni) e dall’altra la filosofia del miglioramento continuo.

La vera sfida – dice Alesi – sta nel secondo pilastro: riuscire a trasmettere ai lavoratori l’idea che non si lavora solo per guadagnarsi da vivere, ma anche per sentirsi parte di un processo di miglioramento dell’azienda stessa. Un miglioramento i cui benefici sono per tutti… “ed infatti, finalmente, il cellulare smise di suonare anche la Domenica mattina”.

Vuoi raccontare anche tu la tua storia di cantiere? Scrivici su info@geojob.it oppure lascia un commento sotto questo articolo

GeoJOB si racconta – Matteo

Lavorare nelle risorse umane è un compito complesso e richiede competenze che vanno al di là della semplice professione. 

Continuiamo la raccolta delle interviste ai recruiter di GeoJOB, oggi è il turno di Matteo.

Risorse umane significa solamente avere a che fare con colloqui e buste paghe?

Matteo: Il nostro è un lavoro altamente stratificato, non esistono solamente colloqui e buste paga. Certamente una piccola parte di chi lavora nel settore si occupa di quello che si chiama pay-roll, quindi elaborazione delle buste paga e cedolini, ma c’è anche una considerevole parte di recruiting in cui il lavoro principale consiste nell’intrattenere e stabilire rapporti con i nostri clienti soprattutto attraverso colloqui. 

In pochi ne parlano ma la formazione è fondamentale per chi fa un lavoro come il mio: ad esempio, io mi sono formato in psicologia e tutt’ora sono psicologo, ma da quando ho iniziato a lavorare in GeoJob quotidianamente mi trovo ad approfondire e “studiare” le singole figure tecniche con cui ogni giorno mi interfaccio. Senza questa parte di formazione non potrei certamente svolgere al meglio il mio lavoro, magari avessi solo colloqui e buste paga!

Quale pensi sia la mansione più complessa di chi lavora come hr recruiter?

Matteo: La mansione più complessa, a mio parere, è seguire il candidato in quella fase che io chiamo di accompagnamento lungo l’intero iter di selezione. In ogni cambiamento della vita, anche quello lavorativo, la paura e il timore del cambiamento possono agire da “freno a mano”, piuttosto che da molla motivazionale per lo sviluppo della carriera lavorativa del singolo candidato. Quindi credo che la mansione più difficile sia “essere un po’ psicologi”, ovvero far sentire al candidato il nostro sostegno, e fornirgli tutto l’aiuto necessario per intraprendere la nuova esperienza professionale distaccandosi dal luogo sicuro, protetto e conosciuto, che è la sua azienda di provenienza. 

Il consiglio nazionale ordine psicologi ha da poco pubblicato i risultati di una ricerca molto interessante secondo cui la salute mentale dei lavoratori italiani è all’ultimo posto in Europa al pari merito con il Giappone. Quali riflessioni ti senti di fare in merito a ciò in rapporto col tuo lavoro? 

Matteo: in Italia la cultura del lavoro da più importanza alla quantità del tempo lavorato piuttosto che la qualità di come hai lavorato in quel tempo. Da questo punto di vista si presta sempre attenzione al monte ore a scapito invece di rendere quel tempo funzionale al raggiungimento di obiettivi specifici. Quindi alla luce di tutto questo è ovvio che la salute mentale sia in netto peggioramento nel momento in cui l’aspetto principale e ciò che per molte aziende conta davvero è lavorare anche al di fuori dell’orario lavorativo senza invece stabilire un netto confine tra vita lavorativa e vita professionale.

Pensi che lo smart working o la settimana lavorativa di quattro giorni sia un vantaggio o uno svantaggio per ridurre il carico di stress sul lavoro al giorno d’oggi?

Matteo: Con la pandemia le persone hanno capito che può bastare davvero poco per porre fine alla loro vita e le nuove generazioni sono ben distanti dalle generazioni dei nostri genitori o dei nostri nonni, secondo cui il lavoro coincideva con la vita personale di ciascuno. 

Data questa premessa, io penso che la modalità di lavoro ibrida permetta di mantenere in equilibrio la bilancia tra vita lavorativa e vita personale, conciliando questi due modi di vedere il mondo, dedicando il giusto tempo al lavoro e una restante parte alla vita personale di ciascuno di noi fatta di interessi, relazioni interpersonali e nuovi stimoli.

Ultima domanda, che consiglio indispensabile ti sentiresti di dare a chi sta inoltrando la sua candidatura per lavorare nelle risorse umane di una qualsiasi azienda?

Matteo: il mio consiglio è quello di essere estremamente empatici. Tante volte ci troviamo a che fare con persone che sono smarrite nel loro ruolo o semplicemente si trovano in una situazione di estrema difficoltà; queste persone mettono nelle nostre mani speranze e aspettative per il loro futuro. Quindi il mio consiglio è: essere estremamente gentili. Non c’è niente di più importante che avere tra le proprie mani i bisogni e le aspettative di una persona che si affida completamente a noi.

Leggi l’intervista di Fabio e di Estefany

Reti di imprese. Il ruolo dei manager nel settore delle costruzioni: competenze, richieste e sfide.

Crescono le imprese che vogliono rimanere competitive. Il settore delle costruzioni continua a cambiare e nuove opportunità emergono costantemente. 

In questo scenario, i manager del domani hanno un’opportunità unica di trarre vantaggio dalla collaborazione tra imprese attraverso reti di imprese o associazioni di imprese, per partecipare a progetti di maggiore interesse e dimensione. La figura del manager in questi contesti diventa fondamentale per coordinare e monitorare il lavoro delle varie imprese coinvolte, garantendo il successo del progetto.

La forza del gruppo e la competizione con aziende più grandi:

Creare reti di imprese più piccole offre un vantaggio significativo per competere con aziende più grandi ed organizzate. 

Quando imprese di dimensioni minori uniscono le loro risorse, competenze e conoscenze, diventano un gruppo più forte e capace di affrontare le sfide poste dalle grandi aziende del settore.
Grazie alla collaborazione e alla condivisione delle responsabilità all’interno della rete, queste imprese possono migliorare la loro efficienza, ridurre i costi e offrire soluzioni più competitive ai loro clienti.

Inoltre, le reti di imprese possono sfruttare l’agilità e la flessibilità tipiche delle piccole e medie imprese, permettendo loro di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato e di rispondere prontamente alle esigenze dei clienti. Questo approccio collettivo consente alle imprese di competere con successo con i giganti del settore, offrendo soluzioni innovative e personalizzate che possono soddisfare le esigenze di un’ampia varietà di progetti e clienti.

Le sfide della gestione delle reti di imprese:

Tuttavia, gestire una rete di imprese nel settore delle costruzioni può essere complesso e comporta diverse sfide. Abbiamo visto in passato imprese che hanno tentato di creare tali collaborazioni, ma hanno incontrato difficoltà nella gestione, causando in alcuni casi il fallimento del progetto. La coordinazione delle diverse attività, la risoluzione dei conflitti e la gestione dei rischi sono solo alcune delle sfide che i manager devono affrontare in questi contesti.

L’importanza di una figura terza esperta:

Per superare queste sfide e garantire il successo dei progetti, è cruciale avere una figura terza esperta che possa coordinare e monitorare il lavoro delle imprese coinvolte. Questo manager deve avere una vasta esperienza nel settore delle costruzioni, oltre a solide competenze in materia di gestione, comunicazione e risoluzione dei problemi. Inoltre, è fondamentale che questa figura sia imparziale e indipendente, in modo da poter agire nel migliore interesse del progetto e delle imprese coinvolte.

Le reti di imprese nel settore delle costruzioni offrono grandi opportunità per lae crescita e l’innovazione. Per sfruttare appieno questo momento, è essenziale avere una figura manageriale esperta e competente che possa coordinare e monitorare il lavoro delle imprese coinvolte, garantendo il successo del progetto.

Abbiamo da poco parlato di Project management con l’Architetto Luca Vailati, puoi leggere l’articolo e ascoltare il video.

GeoJOB si racconta – Fabio


Lavorare nelle risorse umane è un compito complesso e richiede competenze che vanno al di la della semplice professione. 

Continuiamo la raccolta delle interviste ai recruiter di GeoJOB, oggi è il turno di Fabio

Risorse umane significa solamente avere a che fare con colloqui e buste paghe?

Fabio: principalmente no, ovviamente noi nel nostro lavoro abbiamo a che fare con i colloqui che sono la mansione all’ordine del giorno, ma il settore risorse umane è molto più ampio. 

In un’azienda, le risorse umane aiutano nella gestione dell’organico interno garantendo un’attenzione particolare alla sfera psicologica dei dipendenti oltre che elaborare cedolini e buste paghe. 

Quale pensi sia la mansione più complessa di chi lavora come hr recruiter?

Fabio: riuscire a trovare una persona che centra tutti i punti richiesti dalla ricerca è, a mio avviso, la sfida maggiore che come hr recruiter mi trovo a dover affrontare ogni giorno; oltre a questo, ci vuole esperienza per riuscire a gestire, sia a livello personale che lavorativo, i tanti rifiuti che subiamo o rincorrere le persone che inevitabilmente dopo un po’ spariscono nel nulla e rintracciarle diventa davvero molto difficile.

Pensi che questo sia davvero un lavoro senza stress?

Fabio: Assolutamente no, secondo il mio punto di vista non esistono lavori senza stress ma ogni ogni mansione ha la sua quota base di stress che può essere più o meno elevata a seconda del periodo lavorativo. Il nostro è un lavoro molto stressante soprattutto perché abbiamo a che fare con clienti che ci manifestano una certa urgenza: da una parte le aziende richiedono figure lavorative da inserire all’interno dell’organico il prima possibile e dall’altra ci sono i candidati che magari sono anche in stato di disoccupazione e cercano un lavoro il prima possibile. Inoltre le commesse provenienti dalle aziende possono essere anche per più posizioni lavorative e simultaneamente dobbiamo ricercare più figure lavorative: questo è un esempio in cui il carico di stress può essere più elevato.

Il consiglio nazionale ordine psicologi ha da poco pubblicato i risultati di una ricerca molto interessante secondo cui la salute mentale dei lavoratori italiani è all’ultimo posto in Europa al pari merito con il Giappone. Quali riflessioni ti senti di fare in merito a ciò in rapporto col tuo lavoro? 

Fabio: entro in contatto ogni giorno con molte persone e ascolto anche i loro problemi: ci sono persone che vogliono cambiare lavoro perché si sentono insoddisfatti, hanno spesso l’ansia e non stanno bene nel posto in cui sono. 

Pensi che lo smart working o la settimana lavorativa di quattro giorni sia un vantaggio o uno svantaggio per ridurre il carico di stress sul lavoro al giorno d’oggi?

Fabio: penso che il lavoro in modalità ibrida possa aumentare la produttività lavorativa e contemporaneamente diminuire lo stress. Così facendo le persone riescono a conciliare meglio la loro vita privata con la vita lavorativa trovando un equilibrio tra queste due sfere importantissime.

Ultima domanda, che consiglio indispensabile ti sentiresti di dare a chi sta inoltrando la sua candidatura per lavorare nelle risorse umane di una qualsiasi azienda?

Fabio: il mio consiglio è di essere sé stessi, affinare le proprie capacità empatiche e di essere curiosi. Sono qualità fondamentali per lavorare con le persone e per indagare alla scoperta delle loro qualità. 

L’importanza del Project Management e del BIM nell’edilizia: intervista all’architetto Luca Vailati


Abbiamo intervistato l’architetto Luca Vailati, un esperto nel settore del project management e della tecnologia BIM (Building Information Modeling). Dopo aver lavorato all’estero, in particolare in Qatar, Vailati è tornato in Italia per contribuire al settore dell’edilizia con le sue competenze e la sua esperienza internazionale.

Durante la sua carriera in Qatar, Vailati ha lavorato a progetti di grande scala, tra cui la realizzazione della metropolitana di Doha. Un cantiere molto complesso se pensiamo che in pochi anni siano stati costruite 3 linee, per un totale di 37 stazioni e una lunghezza complessiva di 76 km.

Tornato in Italia, ha fondato “Value” una società di servizi che offre project management e gestione di progetti a 360 gradi, puntando a soddisfare la crescente domanda per figure professionali come project manager e BIM manager.

Luca, quali sono le opportunità per il settore del project management in Italia?

E’ sempre più evidente l’importanza di un approccio integrato nella gestione dei progetti, in particolare per le piccole e medie imprese.
Il project manager, infatti, può seguire per intero tutto un ciclo produttivo, sia che il prodotto sia un edificio, sia che il prodotto sia una start-up o qualcosa di più intellettuale.

Il PNRR porta in Italia lavori più completi e complessi e le aziende cercano competenze che ad oggi in Italia scarseggiano.

Ti riferisci ai progettisti BIM?

La tecnologia BIM, facilita la progettazione e l’esecuzione dei lavori, perchè permette a tutti i progettisti di lavorare insieme per costruire un modello integrato.
All’estero, in particolare nei paesi anglosassoni, l’uso del BIM è molto diffuso e utilizzato in quasi tutti i progetti. In Italia, tuttavia, siamo ancora un po’ indietro, anche se la situazione sta migliorando.

Però adesso l’esigenza è quella di avere più progettisti BIM in Italia perché i lavori richiedono velocità di progettazione e realizzazione. Per fare questo servono più persone e quindi più professionisti. 

La possibilità di lavorare anche a distanza permette di creare team di progettisti che collaborano potenzialmente da tutto il mondo. E di conseguenza il Project Manager riveste ruoli sempre più strategici per le imprese.

Le nostre considerazioni.

Nell’intervista con l’Architetto Luca Vailati abbiamo visto che il mondo dell’edilizia sta sicuramente vivendo un nuovo momento di innovazione e cambiamento. 

Per le imprese che possono crescere e trasformarsi con collaboratori che non devono necessariamente essere localizzati dove ha sede l’azienda.

Per i lavoratori che possono offrire i loro servizi in remoto e gestire progetti più interessanti e stimolanti.

Alla base di tutto c’è sicuramente il bisogno di non fermarsi e di continuare ad apprendere nuove metodologie, imparare ad usare nuovi strumenti e formarsi costantemente.

GeoJOB si racconta – Estefany


Lavorare nelle risorse umane è un compito complesso e coinvolge molte più attività di quanto si creda. Molti pensano che significhi solo buste paga e colloqui, ma non è tutto! Abbiamo posto delle domande a Estefany, Fabio, Matteo e Vittorio di GeoJob per aiutarci a sfatare questi luoghi comuni.  Ci offriranno una prospettiva diretta su questo importante settore.

La prima intervista è di Estefany

Risorse umane significa solamente avere a che fare con colloqui e buste paghe?

Estefany: quando parliamo di risorse umane abbiamo a che fare con un reparto davvero ampio che comprende molte attività oltre che quelle che sono state appena citate. Per esempio chi lavora nelle risorse umane si occupa anche di formazione del personale, gestione delle pratiche aziendali e anche mantenimento del clima aziendale. 

C’è un mondo sconosciuto ai più dietro alla parola HR. 

Quale pensi sia la mansione più complessa di chi lavora come hr recruiter?

Estefany: la mansione più complessa è fare match tra le richieste del cliente e le caratteristiche personali e professionali del candidato. Trovare un candidato perfetto, che risponda a tutte le richieste dell’azienda è un compito difficilissimo, spesso impossibile. Noi come recruiter dobbiamo andare oltre e riuscire ad individuare la figura in grado di soddisfare le esigenze del cliente e di formarsi per apprendere rapidamente le mansioni che non conosce. 

Pensi che questo sia davvero un lavoro senza stress?

Estefany: ci piacerebbe, ma lavorare con le persone, conoscerle, ascoltare le loro parole per indagare e scoprirne i punti di forza, di debolezza e le loro esigenze richiede grande attenzione e concentrazione. 

Il consiglio nazionale ordine psicologi ha da poco pubblicato i risultati di una ricerca molto interessante secondo cui la salute mentale dei lavoratori italiani è all’ultimo posto in Europa al pari merito con il Giappone. Quali riflessioni ti senti di fare in merito a ciò in rapporto col tuo lavoro? 

Estefany: noi lavoratori italiani più giovani ci trasciniamo da molto tempo una cultura del lavoro tossica che abbiamo ereditato dalle generazioni precedenti dei nostri padri e dei nostri nonni. Prima c’era l’idea secondo cui il lavoro era l’unico aspetto che davvero contava nella vita di una persona a scapito della propria vita personale. Le generazioni prima delle nostre avevano questa concezione erronea secondo cui lavorare tante ore significava necessariamente lavorare molto bene: per un capo, infatti, stare in ufficio 12 ore significava inevitabilmente un lavoro di qualità e gran parte delle nuove generazioni hanno ancora in testa questo ideale a mio avviso profondamente sbagliato.

Pensi che lo smart working o la settimana lavorativa di quattro giorni sia un vantaggio o uno svantaggio per ridurre il carico di stress sul lavoro al giorno d’oggi?

Estefany: è innegabile che lo smart working o la modalità di lavoro cosiddetta ibrida sia un vantaggio per i lavoratori perché è una condizione che permette un giusto equilibrio tra vita lavorativa e vita personale. Per quanto riguarda la settimana corta, o settimana da quattro giorni, io penso che non ci siano abbastanza studi per poter spiegare i possibili benefici o meno di questa modalità di lavoro.

Ultima domanda, che consiglio indispensabile ti sentiresti di dare a chi sta inoltrando la sua candidatura per lavorare nelle risorse umane di una qualsiasi azienda?

Estefany: io gli chiederei di fare una riflessione e di porsi alcune domande: “sono davvero una persona predisposta, orientata all’obiettivo, sono una persona a cui piace stare a stretto contatto con le persone e gestire le situazioni critiche che un lavoro di questo tipo potrebbe comportare?”

Le competenze essenziali per diventare preventivista edile.

Il settore delle costruzioni è in continua evoluzione, e in questo contesto, la figura del preventivista edile sta guadagnando sempre più importanza.
Questo professionista non si limita a chiedere preventivi e gestire i costi dell’impresa, ma richiede una serie di competenze tecniche e conoscenze specifiche per garantire il successo di un progetto edilizio. Inoltre, la crescente domanda di questa figura professionale offre nuove opportunità per i giovani che desiderano intraprendere una carriera nel mondo dell’edilizia.

le competenze chiave per diventare preventivista edile. Ricerca e selezione di lavoro per edilizia e i cantieri.

Scopriamo insieme quali sono le competenze necessarie per diventare un preventivista edile di successo.

1. Conoscenza tecnica del cantiere

Un preventivista edile deve saper “leggere” un capitolato d’appalto ed avere una solida conoscenza delle diverse fasi di costruzione, dalle fondazioni fino alla realizzazione dei dettagli architettonici. Questo gli permetterà di valutare accuratamente i tempi, i costi e le risorse necessarie per completare l’opera.

2. Capacità di pianificazione e organizzazione

Il preventivista deve essere in grado di pianificare tutte le lavorazioni in modo efficiente, considerando la durata delle singole fasi, i ritmi di cantiere e le eventuali interazioni tra i diversi operatori e professionisti coinvolti.

Diventa infatti fondamentale considerare già in fase di preventivazione eventuali difficoltà operative.

3. Conoscenza dei mezzi e delle attrezzature

Per elaborare un preventivo accurato, è fondamentale anche conoscere i mezzi e le attrezzature che saranno messe in campo per costruire e consegnare i materiali. 

Il preventivista deve essere aggiornato sulle ultime tecnologie e soluzioni disponibili nel settore, al fine di garantire efficienza e risparmio.
Per lui l’ottimizzazione dei costi significherà avere un vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza e garantire alla propria impresa un guadagno superiore sui lavori. 

4. Conoscenza degli spazi e capacità di anticipare problemi

Un buon preventivista deve essere in grado di valutare gli spazi disponibili e prevedere eventuali problemi che potrebbero verificarsi durante la realizzazione del progetto. Questo include la gestione degli spazi di cantiere, l’organizzazione della logistica e la valutazione di eventuali ostacoli o vincoli ambientali e urbanistici.

Per fare questo sono fondamentali capacità di relazione, comunicazione e negoziazione.

5. Competenze comunicative e di negoziazione

Infine, un preventivista edile deve possedere ottime competenze comunicative e relazionali. La bravura nel coinvolgere nel suo lavoro diverse figure tecniche e amministrative farà la differenza nel suo lavoro. Le competenze di negoziazione invece, sono utili in quanto spesso si troverà a interfacciarsi con fornitori, clienti e altri professionisti coinvolti nel progetto. Dovrà essere in grado di presentare e difendere il suo preventivo, garantendo trasparenza e credibilità.

Grazie alle competenze multidisciplinari richieste, questa professione offre interessanti opportunità di crescita professionale per i giovani che ambiscono a una carriera nel mondo dell’edilizia. 

Dominare le competenze sopra descritte consentirà ai preventivisti di assicurare il successo dei progetti, ottimizzando i costi e migliorando l’efficienza dei cantieri. 

Se stai considerando di intraprendere questa sfidante carriera, investi nel tuo futuro formativo e inizia a costruire le basi per un percorso professionale gratificante e ricco di soddisfazioni.

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Perché le persone arrivano a completare l’iter di selezione ma poi non accettano?

Noi di GeoJob, agenzia per il lavoro, quotidianamente siamo immersi in tantissime richieste provenienti sia da aziende del settore edilizio che di persone attualmente alla ricerca di una nuova occupazione e che in tempi rapidi si auspicano di poter concludere con successo una selezione lavorativa.

Nella maggior parte dei casi, fortunatamente dopo le diverse fasi di selezione, la scelta va a buon fine ma possono capitare purtroppo degli intoppi imprevisti, tra i quali che il candidato rifiuti l’offerta dell’azienda per cui si è candidato.

Tutto questo però sembra paradossale: la persona che ha rifiutato è la stessa che si è candidata e che ha fatto diversi colloqui per quella posizione ma nonostante tutto questo, il rapporto di lavoro non decolla.

Grazie all’esperienza maturata sul campo e alle conoscenze derivanti dalla psicologia del lavoro, abbiamo individuato più di una motivazione che spinge un candidato a rifiutare una proposta di lavoro che, apparentemente, lo interessava:

  • Il candidato non ha avuto il coraggio di esprimere apertamente i suoi desideri e le sue effettive esigenze durante il colloquio: arrivato dunque alla firma del contratto e preoccupato delle sue esigenze inespresse che non potranno essere soddisfatte decide allora di ritirarsi dalla selezione.
  • L’azienda a cui è attualmente legato potrebbe avergli presentato una “contro-offerta di lavoro” offrendogli uno stipendio maggiore, confort e benefit ai quali il candidato non ha potuto rifiutare.
  • La novità spaventa e uscire dalla propria zona di comfort suscita sempre un certo timore.

E’ proprio su quest’ultimo punto che vogliamo porre l’attenzione: il candidato ha seguito l’iter di reclutamento perché attirato da un’offerta di lavoro interessante e spinto dal desiderio di novità, ma alla fine entra in gioco il dubbio e la paura di lasciare una posizione, magari meno retribuita, ma sicura. 

La paura del cambiamento

Da un punto di vista psicologico il cambiamento significa inevitabilmente lasciare un posto di lavoro sicuro e collaudato, le proprie certezze e la propria routine, per fare ingresso in un ambiente del tutto nuovo.

Iniziare un nuovo impiego implica doversi rimettere in gioco in un ambiente completamente nuovo, con colleghi nuovi routine profondamente diverse e questo, anche nel caso in cui la retribuzione dovesse essere più elevata, fa entrare in gioco la paura. 

Quindi noi agenzie del lavoro come possiamo fare per ridurre al minimo la possibilità che il candidato rifiuti un’offerta lavorativa?

Sicuramente dobbiamo essere anche noi “un po’ psicologi”: di fondamentale importanza è la nostra precisa capacità di lettura della sincerità della persona che abbiamo di fronte.

Bisogna capire e concentrarci durante i colloqui di lavoro a fondo sulle motivazioni profonde del candidato che abbiamo intenzione di selezionare: è un elemento fondamentale che permette di portare a termine la selezione ottenendo la reale soddisfazione di tutte le parti in gioco.

Inoltre grazie a questi passaggi acquisiamo informazioni aggiuntive sul carattere e sulla personalità del candidato, elementi utili al fine di avere un’idea più precisa della situazione personale.

Employer branding, per attrarre i migliori collaboratori nella tua azienda.

Con la ripartenza del settore delle costruzioni, sembrano introvabili i professionisti per il settore edile, e l’impressione è che l’unico modo per trovare nuovi collaboratori sia quello di offrire stipendi sempre più alti. 

Con questo articolo vogliamo approfondire l’Employer branding e come può essere uno strumento a disposizione delle aziende per attrarre i migliori collaboratori.

Cos’è l’employer branding?

L’employer branding è una strategia importante per attirare i migliori talenti sul mercato del lavoro ed è l’insieme delle attività e delle strategie che un’azienda mette in atto per costruire e promuovere la propria immagine. 

L’obiettivo delle aziende che decidono di mettere in campo azioni di employer branding è fidelizzare i propri dipendenti e di creare le condizioni per “attirare” a colloquio i migliori talenti presenti nel mercato del lavoro.

La forza delle aziende di successo 

Cosa rende le aziende grandi e di successo?

Siamo tutti d’accordo che le persone sono la risorsa principale di un’azienda di successo che si pone obiettivi ambiziosi di crescita, giusto?! 

Per questo è fondamentale trovare le persone giuste che entrino nell’organizzazione con le professionalità necessarie a garantire lo sviluppo e la crescita. 

In un mercato del lavoro sempre più competitivo, uno strumento importante per rappresentare i propri valori e renderli fin da subito oggetto di distinzione all’interno del proprio mercato è rappresentato appunto dall’employer branding che permette di elevare il valore percepito d’impresa. 

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Gli elementi chiave per costruire una forte immagine aziendale includono la cultura aziendale, le opportunità di carriera, i benefici e i programmi di sviluppo dei dipendenti.

Per costruire una forte immagine, le aziende devono innanzitutto identificare i loro valori e la loro cultura aziendale unica. Questo include la missione, i valori e i principi aziendali che guidano il modo in cui l’azienda opera. Inoltre, le aziende devono comunicare chiaramente questi elementi attraverso il loro sito web, i social media e le comunicazioni interne.

Comunicazione: la chiave che apre le porte dell’employer branding

Una volta identificati i propri valori, la mission, e la cultura aziendale il lavoro non è terminato. Bisogna elaborare una strategia comunicativa per far conoscere all’esterno questi valori e dimostrare giornalmente con articoli, post sui social, azioni e atteggiamenti coerenti a chi ci osserva che in questi ci crediamo realmente.

Se è vero che la comunicazione deve essere dedicata ad attirare i talenti e orientare la parte commerciale, è importante tenere in considerazione che i dipendenti devono essere i primi destinatari dei messaggi aziendali.
In questo modo loro diventano ambasciatori per l’azienda e si sentiranno spronati ad attuare atteggiamenti in linea con i valori dell’azienda.

Mostrare il valore dei dipendenti: dimostra che la tua azienda valorizza i dipendenti, ad esempio offrendo opportunità di crescita professionale, benefit, come assicurazione sanitaria e piani pensionistici, equilibrio tra vita lavorativa e privata. Offrire opportunità di carriera e programmi di sviluppo è un’arma efficace per attrarre e trattenere i migliori talenti. Questo può includere programmi di formazione e sviluppo, opportunità di crescita professionale e possibilità di carriera a lungo termine. 

In sintesi, l’employer branding è una strategia fondamentale per le aziende che vogliono attirare e trattenere i migliori talenti e migliorare la loro performance aziendale. 

CHECKLIST: Come fare employer branding? 

Per fare employer branding efficacemente è importante seguire questi passi fondamentali:

  1. Identificare la propria immagine: è importante capire come i dipendenti e i candidati percepiscono l’azienda e quali sono le loro aspettative in termini di cultura aziendale, opportunità di carriera e benefici. Questo può essere ottenuto attraverso sondaggi, interviste e analisi dei dati.
  2. Comunicare chiaramente la propria immagine: una volta che l’immagine dell’azienda è stata identificata, è importante comunicarla chiaramente attraverso il sito web, i social media e le comunicazioni interne. Inoltre, è importante assicurarsi che tutti i dipendenti siano in grado di comunicare in modo coerente l’immagine della società.
  3. Offrire un’esperienza di colloquio positiva: l’esperienza del candidato durante il processo di selezione può influire sul suo giudizio sulla tua azienda e come datore di lavoro. Assicurati che i candidati siano trattati con rispetto e che abbiano un’esperienza positiva durante il processo di selezione. Questo può aiutare a creare una reputazione positiva per la tua azienda e datore di lavoro e attirare altri talenti.
  4. Offrire opportunità di carriera e programmi di sviluppo dei dipendenti: i candidati vogliono sapere che hanno la possibilità di crescere professionalmente all’interno dell’azienda. È quindi importante offrire ai propri dipendenti programmi di formazione e sviluppo, nonché opportunità di carriera a lungo termine.
  5. Offrire benefici competitivi: i candidati vogliono sapere che l’azienda si prende cura dei suoi dipendenti. È quindi importante offrire benefici competitivi, come assicurazione sanitaria e piani pensionistici.
  6. Creare una community: La creazione di una community di dipendenti attuali e passati può aiutare a promuovere la propria immagine di datore di lavoro e a fornire una maggiore trasparenza sulla cultura e sull’ambiente di lavoro dell’azienda.
  7. Fare Employer Branding digitale: utilizzare i canali digitali per promuovere l’immagine dell’azienda, ad esempio attraverso video, foto, testimonianze di dipendenti e post sui social media.

In generale, l’employer branding è un investimento a lungo termine che richiede tempo e dedizione per costruire e mantenere una reputazione positiva come azienda e datore di lavoro. Tuttavia, i risultati possono essere molto gratificanti, poiché possono attirare i migliori talenti sul mercato del lavoro e aumentare la motivazione e la produttività dei dipendenti esistenti.

Se hai una storia da raccontarci o esperienze vissute, scrivici e con piacere ci possiamo confrontare.

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