GeoJOB si racconta – Matteo

Lavorare nelle risorse umane è un compito complesso e richiede competenze che vanno al di là della semplice professione. 

Continuiamo la raccolta delle interviste ai recruiter di GeoJOB, oggi è il turno di Matteo.

Risorse umane significa solamente avere a che fare con colloqui e buste paghe?

Matteo: Il nostro è un lavoro altamente stratificato, non esistono solamente colloqui e buste paga. Certamente una piccola parte di chi lavora nel settore si occupa di quello che si chiama pay-roll, quindi elaborazione delle buste paga e cedolini, ma c’è anche una considerevole parte di recruiting in cui il lavoro principale consiste nell’intrattenere e stabilire rapporti con i nostri clienti soprattutto attraverso colloqui. 

In pochi ne parlano ma la formazione è fondamentale per chi fa un lavoro come il mio: ad esempio, io mi sono formato in psicologia e tutt’ora sono psicologo, ma da quando ho iniziato a lavorare in GeoJob quotidianamente mi trovo ad approfondire e “studiare” le singole figure tecniche con cui ogni giorno mi interfaccio. Senza questa parte di formazione non potrei certamente svolgere al meglio il mio lavoro, magari avessi solo colloqui e buste paga!

Quale pensi sia la mansione più complessa di chi lavora come hr recruiter?

Matteo: La mansione più complessa, a mio parere, è seguire il candidato in quella fase che io chiamo di accompagnamento lungo l’intero iter di selezione. In ogni cambiamento della vita, anche quello lavorativo, la paura e il timore del cambiamento possono agire da “freno a mano”, piuttosto che da molla motivazionale per lo sviluppo della carriera lavorativa del singolo candidato. Quindi credo che la mansione più difficile sia “essere un po’ psicologi”, ovvero far sentire al candidato il nostro sostegno, e fornirgli tutto l’aiuto necessario per intraprendere la nuova esperienza professionale distaccandosi dal luogo sicuro, protetto e conosciuto, che è la sua azienda di provenienza. 

Il consiglio nazionale ordine psicologi ha da poco pubblicato i risultati di una ricerca molto interessante secondo cui la salute mentale dei lavoratori italiani è all’ultimo posto in Europa al pari merito con il Giappone. Quali riflessioni ti senti di fare in merito a ciò in rapporto col tuo lavoro? 

Matteo: in Italia la cultura del lavoro da più importanza alla quantità del tempo lavorato piuttosto che la qualità di come hai lavorato in quel tempo. Da questo punto di vista si presta sempre attenzione al monte ore a scapito invece di rendere quel tempo funzionale al raggiungimento di obiettivi specifici. Quindi alla luce di tutto questo è ovvio che la salute mentale sia in netto peggioramento nel momento in cui l’aspetto principale e ciò che per molte aziende conta davvero è lavorare anche al di fuori dell’orario lavorativo senza invece stabilire un netto confine tra vita lavorativa e vita professionale.

Pensi che lo smart working o la settimana lavorativa di quattro giorni sia un vantaggio o uno svantaggio per ridurre il carico di stress sul lavoro al giorno d’oggi?

Matteo: Con la pandemia le persone hanno capito che può bastare davvero poco per porre fine alla loro vita e le nuove generazioni sono ben distanti dalle generazioni dei nostri genitori o dei nostri nonni, secondo cui il lavoro coincideva con la vita personale di ciascuno. 

Data questa premessa, io penso che la modalità di lavoro ibrida permetta di mantenere in equilibrio la bilancia tra vita lavorativa e vita personale, conciliando questi due modi di vedere il mondo, dedicando il giusto tempo al lavoro e una restante parte alla vita personale di ciascuno di noi fatta di interessi, relazioni interpersonali e nuovi stimoli.

Ultima domanda, che consiglio indispensabile ti sentiresti di dare a chi sta inoltrando la sua candidatura per lavorare nelle risorse umane di una qualsiasi azienda?

Matteo: il mio consiglio è quello di essere estremamente empatici. Tante volte ci troviamo a che fare con persone che sono smarrite nel loro ruolo o semplicemente si trovano in una situazione di estrema difficoltà; queste persone mettono nelle nostre mani speranze e aspettative per il loro futuro. Quindi il mio consiglio è: essere estremamente gentili. Non c’è niente di più importante che avere tra le proprie mani i bisogni e le aspettative di una persona che si affida completamente a noi.

Leggi l’intervista di Fabio e di Estefany

Reti di imprese. Il ruolo dei manager nel settore delle costruzioni: competenze, richieste e sfide.

Crescono le imprese che vogliono rimanere competitive. Il settore delle costruzioni continua a cambiare e nuove opportunità emergono costantemente. 

In questo scenario, i manager del domani hanno un’opportunità unica di trarre vantaggio dalla collaborazione tra imprese attraverso reti di imprese o associazioni di imprese, per partecipare a progetti di maggiore interesse e dimensione. La figura del manager in questi contesti diventa fondamentale per coordinare e monitorare il lavoro delle varie imprese coinvolte, garantendo il successo del progetto.

La forza del gruppo e la competizione con aziende più grandi:

Creare reti di imprese più piccole offre un vantaggio significativo per competere con aziende più grandi ed organizzate. 

Quando imprese di dimensioni minori uniscono le loro risorse, competenze e conoscenze, diventano un gruppo più forte e capace di affrontare le sfide poste dalle grandi aziende del settore.
Grazie alla collaborazione e alla condivisione delle responsabilità all’interno della rete, queste imprese possono migliorare la loro efficienza, ridurre i costi e offrire soluzioni più competitive ai loro clienti.

Inoltre, le reti di imprese possono sfruttare l’agilità e la flessibilità tipiche delle piccole e medie imprese, permettendo loro di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato e di rispondere prontamente alle esigenze dei clienti. Questo approccio collettivo consente alle imprese di competere con successo con i giganti del settore, offrendo soluzioni innovative e personalizzate che possono soddisfare le esigenze di un’ampia varietà di progetti e clienti.

Le sfide della gestione delle reti di imprese:

Tuttavia, gestire una rete di imprese nel settore delle costruzioni può essere complesso e comporta diverse sfide. Abbiamo visto in passato imprese che hanno tentato di creare tali collaborazioni, ma hanno incontrato difficoltà nella gestione, causando in alcuni casi il fallimento del progetto. La coordinazione delle diverse attività, la risoluzione dei conflitti e la gestione dei rischi sono solo alcune delle sfide che i manager devono affrontare in questi contesti.

L’importanza di una figura terza esperta:

Per superare queste sfide e garantire il successo dei progetti, è cruciale avere una figura terza esperta che possa coordinare e monitorare il lavoro delle imprese coinvolte. Questo manager deve avere una vasta esperienza nel settore delle costruzioni, oltre a solide competenze in materia di gestione, comunicazione e risoluzione dei problemi. Inoltre, è fondamentale che questa figura sia imparziale e indipendente, in modo da poter agire nel migliore interesse del progetto e delle imprese coinvolte.

Le reti di imprese nel settore delle costruzioni offrono grandi opportunità per lae crescita e l’innovazione. Per sfruttare appieno questo momento, è essenziale avere una figura manageriale esperta e competente che possa coordinare e monitorare il lavoro delle imprese coinvolte, garantendo il successo del progetto.

Abbiamo da poco parlato di Project management con l’Architetto Luca Vailati, puoi leggere l’articolo e ascoltare il video.

GeoJOB si racconta – Fabio


Lavorare nelle risorse umane è un compito complesso e richiede competenze che vanno al di la della semplice professione. 

Continuiamo la raccolta delle interviste ai recruiter di GeoJOB, oggi è il turno di Fabio

Risorse umane significa solamente avere a che fare con colloqui e buste paghe?

Fabio: principalmente no, ovviamente noi nel nostro lavoro abbiamo a che fare con i colloqui che sono la mansione all’ordine del giorno, ma il settore risorse umane è molto più ampio. 

In un’azienda, le risorse umane aiutano nella gestione dell’organico interno garantendo un’attenzione particolare alla sfera psicologica dei dipendenti oltre che elaborare cedolini e buste paghe. 

Quale pensi sia la mansione più complessa di chi lavora come hr recruiter?

Fabio: riuscire a trovare una persona che centra tutti i punti richiesti dalla ricerca è, a mio avviso, la sfida maggiore che come hr recruiter mi trovo a dover affrontare ogni giorno; oltre a questo, ci vuole esperienza per riuscire a gestire, sia a livello personale che lavorativo, i tanti rifiuti che subiamo o rincorrere le persone che inevitabilmente dopo un po’ spariscono nel nulla e rintracciarle diventa davvero molto difficile.

Pensi che questo sia davvero un lavoro senza stress?

Fabio: Assolutamente no, secondo il mio punto di vista non esistono lavori senza stress ma ogni ogni mansione ha la sua quota base di stress che può essere più o meno elevata a seconda del periodo lavorativo. Il nostro è un lavoro molto stressante soprattutto perché abbiamo a che fare con clienti che ci manifestano una certa urgenza: da una parte le aziende richiedono figure lavorative da inserire all’interno dell’organico il prima possibile e dall’altra ci sono i candidati che magari sono anche in stato di disoccupazione e cercano un lavoro il prima possibile. Inoltre le commesse provenienti dalle aziende possono essere anche per più posizioni lavorative e simultaneamente dobbiamo ricercare più figure lavorative: questo è un esempio in cui il carico di stress può essere più elevato.

Il consiglio nazionale ordine psicologi ha da poco pubblicato i risultati di una ricerca molto interessante secondo cui la salute mentale dei lavoratori italiani è all’ultimo posto in Europa al pari merito con il Giappone. Quali riflessioni ti senti di fare in merito a ciò in rapporto col tuo lavoro? 

Fabio: entro in contatto ogni giorno con molte persone e ascolto anche i loro problemi: ci sono persone che vogliono cambiare lavoro perché si sentono insoddisfatti, hanno spesso l’ansia e non stanno bene nel posto in cui sono. 

Pensi che lo smart working o la settimana lavorativa di quattro giorni sia un vantaggio o uno svantaggio per ridurre il carico di stress sul lavoro al giorno d’oggi?

Fabio: penso che il lavoro in modalità ibrida possa aumentare la produttività lavorativa e contemporaneamente diminuire lo stress. Così facendo le persone riescono a conciliare meglio la loro vita privata con la vita lavorativa trovando un equilibrio tra queste due sfere importantissime.

Ultima domanda, che consiglio indispensabile ti sentiresti di dare a chi sta inoltrando la sua candidatura per lavorare nelle risorse umane di una qualsiasi azienda?

Fabio: il mio consiglio è di essere sé stessi, affinare le proprie capacità empatiche e di essere curiosi. Sono qualità fondamentali per lavorare con le persone e per indagare alla scoperta delle loro qualità. 

L’importanza del Project Management e del BIM nell’edilizia: intervista all’architetto Luca Vailati


Abbiamo intervistato l’architetto Luca Vailati, un esperto nel settore del project management e della tecnologia BIM (Building Information Modeling). Dopo aver lavorato all’estero, in particolare in Qatar, Vailati è tornato in Italia per contribuire al settore dell’edilizia con le sue competenze e la sua esperienza internazionale.

Durante la sua carriera in Qatar, Vailati ha lavorato a progetti di grande scala, tra cui la realizzazione della metropolitana di Doha. Un cantiere molto complesso se pensiamo che in pochi anni siano stati costruite 3 linee, per un totale di 37 stazioni e una lunghezza complessiva di 76 km.

Tornato in Italia, ha fondato “Value” una società di servizi che offre project management e gestione di progetti a 360 gradi, puntando a soddisfare la crescente domanda per figure professionali come project manager e BIM manager.

https://youtu.be/n_zA_CMmtrw

Luca, quali sono le opportunità per il settore del project management in Italia?

E’ sempre più evidente l’importanza di un approccio integrato nella gestione dei progetti, in particolare per le piccole e medie imprese.
Il project manager, infatti, può seguire per intero tutto un ciclo produttivo, sia che il prodotto sia un edificio, sia che il prodotto sia una start-up o qualcosa di più intellettuale.

Il PNRR porta in Italia lavori più completi e complessi e le aziende cercano competenze che ad oggi in Italia scarseggiano.

Ti riferisci ai progettisti BIM?

La tecnologia BIM, facilita la progettazione e l’esecuzione dei lavori, perchè permette a tutti i progettisti di lavorare insieme per costruire un modello integrato.
All’estero, in particolare nei paesi anglosassoni, l’uso del BIM è molto diffuso e utilizzato in quasi tutti i progetti. In Italia, tuttavia, siamo ancora un po’ indietro, anche se la situazione sta migliorando.

Però adesso l’esigenza è quella di avere più progettisti BIM in Italia perché i lavori richiedono velocità di progettazione e realizzazione. Per fare questo servono più persone e quindi più professionisti. 

La possibilità di lavorare anche a distanza permette di creare team di progettisti che collaborano potenzialmente da tutto il mondo. E di conseguenza il Project Manager riveste ruoli sempre più strategici per le imprese.

Le nostre considerazioni.

Nell’intervista con l’Architetto Luca Vailati abbiamo visto che il mondo dell’edilizia sta sicuramente vivendo un nuovo momento di innovazione e cambiamento. 

Per le imprese che possono crescere e trasformarsi con collaboratori che non devono necessariamente essere localizzati dove ha sede l’azienda.

Per i lavoratori che possono offrire i loro servizi in remoto e gestire progetti più interessanti e stimolanti.

Alla base di tutto c’è sicuramente il bisogno di non fermarsi e di continuare ad apprendere nuove metodologie, imparare ad usare nuovi strumenti e formarsi costantemente.

GeoJOB si racconta – Estefany


Lavorare nelle risorse umane è un compito complesso e coinvolge molte più attività di quanto si creda. Molti pensano che significhi solo buste paga e colloqui, ma non è tutto! Abbiamo posto delle domande a Estefany, Fabio, Matteo e Vittorio di GeoJob per aiutarci a sfatare questi luoghi comuni.  Ci offriranno una prospettiva diretta su questo importante settore.

La prima intervista è di Estefany

Risorse umane significa solamente avere a che fare con colloqui e buste paghe?

Estefany: quando parliamo di risorse umane abbiamo a che fare con un reparto davvero ampio che comprende molte attività oltre che quelle che sono state appena citate. Per esempio chi lavora nelle risorse umane si occupa anche di formazione del personale, gestione delle pratiche aziendali e anche mantenimento del clima aziendale. 

C’è un mondo sconosciuto ai più dietro alla parola HR. 

Quale pensi sia la mansione più complessa di chi lavora come hr recruiter?

Estefany: la mansione più complessa è fare match tra le richieste del cliente e le caratteristiche personali e professionali del candidato. Trovare un candidato perfetto, che risponda a tutte le richieste dell’azienda è un compito difficilissimo, spesso impossibile. Noi come recruiter dobbiamo andare oltre e riuscire ad individuare la figura in grado di soddisfare le esigenze del cliente e di formarsi per apprendere rapidamente le mansioni che non conosce. 

Pensi che questo sia davvero un lavoro senza stress?

Estefany: ci piacerebbe, ma lavorare con le persone, conoscerle, ascoltare le loro parole per indagare e scoprirne i punti di forza, di debolezza e le loro esigenze richiede grande attenzione e concentrazione. 

Il consiglio nazionale ordine psicologi ha da poco pubblicato i risultati di una ricerca molto interessante secondo cui la salute mentale dei lavoratori italiani è all’ultimo posto in Europa al pari merito con il Giappone. Quali riflessioni ti senti di fare in merito a ciò in rapporto col tuo lavoro? 

Estefany: noi lavoratori italiani più giovani ci trasciniamo da molto tempo una cultura del lavoro tossica che abbiamo ereditato dalle generazioni precedenti dei nostri padri e dei nostri nonni. Prima c’era l’idea secondo cui il lavoro era l’unico aspetto che davvero contava nella vita di una persona a scapito della propria vita personale. Le generazioni prima delle nostre avevano questa concezione erronea secondo cui lavorare tante ore significava necessariamente lavorare molto bene: per un capo, infatti, stare in ufficio 12 ore significava inevitabilmente un lavoro di qualità e gran parte delle nuove generazioni hanno ancora in testa questo ideale a mio avviso profondamente sbagliato.

Pensi che lo smart working o la settimana lavorativa di quattro giorni sia un vantaggio o uno svantaggio per ridurre il carico di stress sul lavoro al giorno d’oggi?

Estefany: è innegabile che lo smart working o la modalità di lavoro cosiddetta ibrida sia un vantaggio per i lavoratori perché è una condizione che permette un giusto equilibrio tra vita lavorativa e vita personale. Per quanto riguarda la settimana corta, o settimana da quattro giorni, io penso che non ci siano abbastanza studi per poter spiegare i possibili benefici o meno di questa modalità di lavoro.

Ultima domanda, che consiglio indispensabile ti sentiresti di dare a chi sta inoltrando la sua candidatura per lavorare nelle risorse umane di una qualsiasi azienda?

Estefany: io gli chiederei di fare una riflessione e di porsi alcune domande: “sono davvero una persona predisposta, orientata all’obiettivo, sono una persona a cui piace stare a stretto contatto con le persone e gestire le situazioni critiche che un lavoro di questo tipo potrebbe comportare?”