Colloquio: più informazioni e rispetto

Colloquio: più informazioni e rispetto

Se è vero che la domanda di talenti non mostra segni di rallentamento, è altrettanto vero che tutti i candidati, dal primo all’ultimo, hanno il diritto di ricevere informazioni trasparenti per poter valutare appieno un’opportunità di lavoro. Lo evidenzia un’indagine.

Noi di geoJOB lo diciamo sempre. È importante rimuovere tutti gli ostacoli che si frappongono nel difficile processo di selezione, senza però deludere mai i candidati, che restano pur sempre i nostri principali datori di lavoro.
E per avere rispetto delle loro esigenze occorre iniziare ad ascoltarne i bisogni e anche i legittimi timori. A partire dal primo contatto, il più importante di tutti: il colloquio di lavoro. Questo è il momento più delicato per un candidato, quello in cui si gioca gran parte della sua credibilità sociale e professionale. Ma è anche il momento in cui le domande si affollano più numerose nella sua mente e le aspettative diventano quindi più forti.
Per tentare di comprendere e migliorare l’esperienza del candidato in questo spinoso frangente, abbiamo individuato una bella ricerca che descrive perfettamente la situazione di incertezza che si crea nel momento dell’incontro tra un candidato e il datore di lavoro. L’indagine, condotta negli Stati Uniti da The Harris Poll per conto di Glassdoor, si è svolta nel 2018 tra 1.151 adulti statunitensi impiegati oppure non impiegati ma in cerca di occupazione.

Frustrazioni in fase di colloquio e dopo
La ricerca mostra chiaramente che durante il colloquio occorre garantire al candidato la possibilità di ricevere tutte le informazioni utili a valutare la natura dell’impiego. Chi cerca lavoro desidera soprattutto avere una comprensione chiara e immediata del pacchetto retributivo totale, inclusi i benefit, i premi di produttività, le ferie e tutto il resto. L’assenza di trasparenza nel trattamento economico rappresenta infatti la principale frustrazione per un candidato, con percentuali d’insoddisfazione che superano il 50% del totale del campione.
Le stesse persone che lamentano l’assenza di chiarezza salariale sono anche frustrate dal comportamento di quei potenziali datori di lavoro che all’improvviso posticipano i colloqui o li cancellano del tutto. Si tratta di una pratica piuttosto diffusa nel mondo del recruitment denominata “ghosting” che descrive l’atto di porre fine a una relazione professionale senza preavviso e senza alcuna spiegazione o ulteriori comunicazioni.

Vietato fare “ghosting”!
Il fenomeno del ghosting si riferisce a una prassi che coinvolge sia i candidati sia i datori di lavoro, e non è imputabile totalmente alla sciatteria o alla maleducazione ma rappresenta piuttosto un fenomeno culturale cresciuto insieme allo sviluppo delle tecnologie di comunicazione 2.0. La natura digitale di molti processi di reclutamento sembra infatti aver facilitato la diffusione di questo comportamento, che viene percepito ormai come una risposta implicita, sottintesa e tutto sommato “accettabile” da entrambe le parti.
È in crescita infatti il numero di persone in cerca di lavoro che non riescono o non vogliono a mettersi in contatto con i reclutatori per spiegare che non parteciperanno più ai colloqui o al primo giorno di lavoro. Alcuni usano questa pratica persino per lasciare il proprio posto di lavoro.
Ma, ribaltando la prospettiva, la pratica del ghosting è spesso messa in atto da quei numerosi reclutatori che non sentono il dovere morale di comunicare ai lavoratori lo stato di avanzamento della propria candidatura, o addirittura l’esclusione dalla rosa dei candidati finali a una posizione. Ciò rappresenta una delle forme di frustrazione più forti per chi cerca occupazione, ma al tempo stesso è un motivo di grave discredito per l’azienda che ne fa uso. Un candidato escluso è solitamente molto scontento e, se è stato anche trattato male e con sufficienza, diventerà un acerrimo nemico, un detrattore della nostra azienda, e tenterà di denigrare la nostra attività. E a pensarci bene non avrebbe tutti i torti!

Comunicare sempre con i candidati
Questo è un vero peccato, perché l’assenza di informazioni corrette e immediate può in molti casi costare all’azienda candidati preziosi. Fortunatamente le lamentele emerse da questa ricerca possono fornire indicazioni utili a chi, come noi, vuole creare un flusso informativo più fluido e basato su feedback continui verso i candidati, in moto tale da rendere il rituale del colloquio assai più positivo e ottenere così un impatto duraturo sul modo in cui le persone vedono l’azienda. Non bisogna inoltre abusare del tempo del candidato convocandolo per un numero elevato di colloqui, ma occorre prendere una decisione in un lasso di tempo ragionevole.
E rispetto all’azienda di destinazione, in geoJOB non presentiamo mai all’azienda un candidato ritenuto idoneo a occupare la posizione ricercata senza prima aver comunicato al lavoratore il nome della società. Solo dopo l’assenso del candidato verrà presentato il CV all’azienda insieme a una breve sintesi del profilo. Piccole forme di rispetto che per noi significano molto.
Viviamo in un mondo di feedback istantaneo e noi non vogliamo perdere i migliori talenti per una cattiva comunicazione. La trasparenza è fondamentale, e fornirla in anticipo permette a tutti di fare le scelte più giuste.

Cercare lavoro sui Gruppi di Facebook

Cercare lavoro sui Gruppi di Facebook

Non tutti conoscono l’importanza dei gruppi di Facebook e ne sanno sfruttare i vantaggi. Vediamo quali sono.

I gruppi sono una delle risorse più intriganti del social network di Mark Zuckerberg e rappresentano uno strumento di collaborazione molto interessante, soprattutto ai fini della ricerca di un lavoro.
Solitamente si creano e si utilizzano i gruppi per raccogliere un numero di utenti piuttosto selezionato e molto interessato a un particolare tema, hobby o attività professionale.
Questo permette di focalizzare fin da subito la ricerca verso un target di persone preciso e ben caratterizzato. Sapere infatti di trovare persone che la pensano come noi o che hanno le nostre stesse passioni o affinità culturali è un grandissimo vantaggio nel caso si stia cercando pareri e consigli su un determinato argomento o si abbia un quesito da porre a persone esperte. Per non parlare poi della possibilità di intercettare professionisti o collaboratori utili per realizzare un progetto lavorativo che ci sta particolarmente a cuore.

Questioni di stima
Per appartenere a un gruppo di Facebook non occorre molto, a parte essere accomunati da uno stesso interesse e volerlo condividere con utenti simili a noi.
L’aspetto della condivisione è il motore interno di un gruppo, la cui esistenza si basa appunto sulla partecipazione disinteressata, dal mutuo aiuto e dalla voglia di ascoltare i consigli degli altri.
Un gruppo Facebook dà quindi la possibilità a più utenti di collaborare intorno a un medesimo progetto, sia esso di tipo cooperativo, mutualistico o educativo. All’interno dei gruppi, infatti, le persone si incontrano virtualmente e organizzano eventi, idee e progetti. Ma soprattutto si assistono reciprocamente senza chiedere nulla in cambio, se non la stima personale. Quest’aspetto è molto importante perché la condivisione delle informazioni è la principale risorsa per chi sta cercando lavoro o si vuole proporre al mercato con la propria professionalità.

I gruppi dell’edilizia
Per capire l’ampiezza della gamma dei gruppi a disposizione su Facebook basta andare sulla colonna di sinistra della propria pagina home e selezionare la voce “Gruppi” all’interno del menù “Esplora”. Una volta entrati, basta clickare sul menù “Suggeriti”, cioè i gruppi indicati da Facebook sulla base dei nostri interessi, oppure cercare direttamente i potenziali gruppi sul search della pagina digitando una o più parole chiave.
Ogni gruppo fornisce il numero degli iscritti e l’anno di creazione. In tal modo è possibile decidere subito se scegliere di iscriversi a un gruppo più o meno importante e composto da utenti poco o molto numerosi.
Nell’ambito specifico dell’edilizia, sono moltissimi i gruppi di Facebook a cui iscriversi: i più attivi e numerosi sono “Martelli Mattoni Umiltà”, “Cresciuti a pane e malta” e “MURATORI”, tutti con più di 10mila iscritti. Ma esistono anche gruppi più piccoli e non meno interessanti come ad esempio “Muratori”, “Edilizia: cerco/offro lavoro”, “Muratori (gruppo ufficiale)” e “I gruisti di Facebook”. Tutti sono accomunati dall’adozione di una “netiquette” (cioè un codice di comportamento online) che all’atto dell’iscrizione prescrive la mutua collaborazione del nuovo utente su tematiche professionali, la messa al bando del linguaggio scurrile o polemico, e il divieto di utilizzo di messaggi pubblicitari personali o della propria azienda.
Ma a tutti è concesso di offrire e cercare lavoro sfruttando l’estensione e la cooperazione della community.

Il passaparola è sempre più “social”
È nell’interesse di tutti gli iscritti far girare all’interno di un gruppo le informazioni rilevanti riguardanti il mondo del lavoro. Gli stessi amministratori di un gruppo facilitano questa dinamica sociale di scambio “tra pari” per rendere la community sempre più animata e vitale.
Ed è poi questa l’anima distintiva e più nobile del web: oggi fornisco il mio parere su un prodotto non ancora utilizzato dai colleghi e domani qualcuno saprà fornirmi delucidazioni su una particolare tecnica di posa o darmi l’interpretazione corretta di una normativa edilizia complicata e un po’ astrusa. La condivisione di informazioni crea fiducia e grande affiatamento all’interno di un gruppo professionale, e tutto ciò accade anche se le persone non si conoscono affatto e molto probabilmente non si incontreranno mai di persona.
Questo meccanismo virtuoso viene mobilitato soprattutto nel passaparola sui gruppi di Facebook per la ricerca/offerta di lavoro. La ricaduta più positiva di questo scambio di informazioni è infatti la fiducia che si viene a creare tra gli utenti di un gruppo, pronti ad aiutarsi con “dritte” utili e soprattutto molto fresche e recenti. Da questa mutua cooperazione nasce spesso una collaborazione o un ingaggio per progetti lavorativi più importanti.

Il momento della verifica
Naturalmente non basta pubblicare un semplice annuncio su Facebook per trovare lavoro. Anche se i gruppi ospitano persone molto qualificate, chi offre opportunità di occupazione deve avere la garanzia di intercettare la persona giusta per il ruolo giusto. Insomma, vuole verificare le competenze. Un riscontro che può avvenire solo dalla conoscenza diretta, operativa, sul campo. O meglio, in cantiere!
Ecco perché il ruolo di agenzie per il lavoro specializzato è oggi fondamentale. Saper interpretare il valore di un curriculum non è una cosa semplice, soprattutto quando i tempi per la ricerca e per la selezione sono stretti. Solo un recruiter professionale è in grado di distinguere le risorse giuste misurandone l’esperienza in modo aperto, diretto e trasparente. Non bisogna infatti dimenticare che molte agenzie come geoJOB scandagliano quotidianamente i social networks alla ricerca dei candidati ideali. E uno dei primi approdi a cui si rivolgono queste strutture sono proprio i gruppi di Facebook.
Attenzione dunque: i gruppi sono una risorsa davvero importante, non dimenticatelo mai!

Riqualificati cercasi, urgentemente!

Riqualificati cercasi, urgentemente!

I dati parlano chiaro, nel settore delle costruzioni c’è una grave carenza di maestranze specializzate. È questa una grande opportunità per chi vuole lavorare riqualificandosi. Ma lo è anche per le aziende!

Sono ormai molte le ricerche che mettono in luce la carenza di operai specializzati in quasi ogni settore produttivo. L’ultima in ordine di tempo è quella diramata dal Sistema informativo Excelsior, realizzato insieme a Unioncamere e Anpal.
Il dato che emerge è impressionante: sono oltre 334mila le opportunità di lavoro nelle imprese a febbraio 2019, e saliranno a poco più di 1,1milioni nel trimestre febbraio-aprile 2019. E sale di quasi 5 punti percentuali rispetto a febbraio 2018 la difficoltà delle imprese nell’individuare i profili idonei da introdurre in azienda, raggiungendo quasi il 29% delle entrate previste a febbraio, dove per entrate si intende le attivazioni di contratti di lavoro (a tempo indeterminato, a tempo determinato, stagionali, a chiamata, apprendistato, in somministrazione, di collaborazione coordinata e continuativa ed altri contratti non alle dipendenze) della durata di almeno un mese. In deciso aumento è quindi la fatica nel reperire operai specializzati, che cresce di 8,8 punti rispetto allo stesso periodo del 2018.

Una situazione favorevole
Sembra dunque che il lavoro in Italia ci sia, nonostante la debole congiuntura del mercato interno, e che esista però un forte gap tra gli skills richiesti dalle aziende e quelli effettivamente disponibili sul mercato. Il fenomeno coinvolge anche e soprattutto il settore edile, dove la difficoltà a trovare operai specializzati sfiora i 1.700 contratti disponibili e non sfruttati, con una carenza percentuale del 20,7% di personale specializzato in costruzione e mantenimento di strutture edili, e di ben il 43,4% di operai specializzati nelle rifiniture delle costruzioni.
Questi sono ottimi segnali che andrebbero valorizzati anziché demonizzati perché, nonostante gli indici generali di produttività e di occupazione siano da tempo in flessione, le possibilità di impiego per alcune professionalità sono altissime e destinate a crescere in futuro.

Solo formazione on the job?
Il mercato del lavoro si sta dunque muovendo con nuove assunzioni, ma non riesce a reperire le risorse adatte. Che fare?
A nostro parere il problema ha molte cause e origini, collocabili in più punti del sistema. Sicuramente le aziende falliscono nella pretesa di trovare sul mercato, subito e già formate, maestranze pronte a compiti piuttosto esclusivi e specifici, che il più delle volte devono essere addestrate sul campo, cioè in cantiere, attraverso una formazione “on the job”. È chiaro che questo comporta tempi e costi aggiuntivi che le aziende vogliono evitare di accollarsi. Da qui la ricerca di profili “impossibili” come ad esempio “operaio specializzato con almeno tre anni di esperienza, di età inferiore ai 28 anni, residente in zona e con contratto a termine di due mesi”. Insomma, si vuole la botte piena e la moglie ubriaca. Un po’ troppo, non vi pare?

Il ruolo delle scuole
Ma la responsabilità di tutto questo non può certo ricadere sulle aziende, che di questi tempi hanno sicuramente i loro grattacapi. L’altra sponda dell’“oceano lavoro” è infatti rappresentata dalle scuole e dagli enti di formazione, che hanno oneri pesantissimi, non certo colpe. Sono infatti le scuole che, più di altri, hanno di fronte a sé un compito terribile e davvero sfidante: quello di rendere più snelli i processi di inserimento in azienda, con un maggiore vantaggio per tutti, lavoratori e imprese.
I tempi di transizione scuola-lavoro sono però ancora troppo lunghi e la scarsa integrazione tra scuola e imprese è uno dei motivi della difficoltà nel trovare operai specializzati da parte delle imprese.
In uno scenario di mercato sempre più dinamico e competitivo, le aziende non possono infatti sopperire da sole alla formazione dei nuovi arrivati attraverso il “training on the job”. E soltanto un’offerta formativa ridisegnata sui bisogni professionali delle imprese può consentire una riqualificazione dei lavoratori e un rapido reinserimento nel mondo del lavoro.

L’apprendistato senza limiti d’età
In questo momento ciò che tutto il sistema scuola-lavoro dovrebbero desiderare con forza è avere nuove professionalità riconvertendo i profili non più in linea con le richieste del mercato oppure potenziando quelli già esistenti. Sono i lavoratori a desiderarlo per primi!
E per rimanere in tema di riqualificazione, ricordiamo alle aziende che esiste la possibilità di inserire in organico nuove risorse attraverso il cosiddetto “contratto di apprendistato professionalizzante” senza alcun limite d’età, che consente importanti agevolazioni contributive e fiscali. Se fino a poco tempo fa il contratto d’apprendistato era possibile solo nei confronti di giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni (e, se in possesso di qualifica professionale, anche a partire dall’età di 17 anni), oggi tramite uno dei decreti attuativi del Jobs Act (art. 47, comma 4, del D.lgs. 81/2015) è possibile impiegare personale di tutte le età, purché si tratti di lavoratori beneficiari di indennità di mobilità o di un trattamento di disoccupazione (Naspi, Dis-Coll e Aspi). Stiamo quindi parlando di un bacino di utenti estremamente vasto che offre un’altissima probabilità di reperire risorse già parzialmente formate e con una consolidata esperienza di cantiere. Perché dunque non approfittarne?
Detto ciò, noi di geoJOB auspichiamo un percorso fatto di dialogo continuo tra le imprese, le scuole e le istituzioni, con il proposito di lavorare tutti insieme per promuovere una cultura del lavoro che valorizzi la qualità, la sicurezza e l’innovazione.

Operai specializzati: che fatica trovarli!

Operai specializzati: che fatica trovarli!

Nella ricerca di maestranze qualificate, il percorso di recruiting è spesso lungo e complicato, e a volte non basta nemmeno un buon curriculum.

Sono numerosi i casi di imprese che, pur avendo programmato assunzioni di un ottimo livello contrattuale, non riescono poi a reperire le risorse giuste sul mercato. E questo è più vero laddove c’è una ricerca più accentuata di personale ad alta specializzazione. Insomma, aumentano i contratti per personale qualificato, ma aumenta anche la difficoltà di far incontrare domanda e offerta di lavoro.
Abbiamo chiesto a Daniele Peila, docente presso il Politecnico di Torino ed esperto in tunnelling e nel consolidamento di rocce e terreni, perché questo accade e quali sono le vie che le aziende utilizzano per reperire sul mercato il personale qualificato.

In un segmento ipertecnico ed estremamente ingegnerizzato come quello del tunnelling o delle grandi opere, le maestranze devono possedere qualifiche e addestramenti molto speciali, e di conseguenza non sono facilmente intercettabili sul mercato. Perché c’è questa carenza?
«Certamente i lavoratori del tunnelling e in generale quelli coinvolti nelle lavorazioni geotecniche specialistiche richiedono un’alta se non un un’altissima qualificazione. E il loro recruting non è né facile né immediato, sia per la fatica oggettiva nell’intercettare personale così qualificato, sia per la difficile riconoscibilità delle reali abilità dei lavoratori. Un esempio tipico è la reperibilità dei “piloti delle TBM”, vale a dire delle talpe meccaniche (Tunnel Boring Machine) che sono indispensabili nella riuscita di un buon progetto di gallerie. Ebbene il profilo è così ricercato che da qualche tempo stanno nascendo corsi che cercano di formare personale qualificato di questo tipo sfruttando le potenzialità della realtà aumentata. Per non parlare poi delle iniezioni di consolidamento nei terreni e delle rocce, dove per gestire la mutevole variabilità delle condizioni dei terreni in natura è necessario avere maturato un’esperienza che si può fare solo sul campo.
Insomma, in questi settori non ci si improvvisa esperti né a livello di maestranze né a livello di tecnici e ingegneri».

Anche a un livello di ingaggio più alto, come quello delle grandi opere, si sfrutta lo strumento del passaparola oppure ci sono altre vie meno informali e più oggettive?
«Spesso il contatto diretto anche tra componenti della stessa squadra è uno dei percorsi che si osservano, a tutti i livelli. E questo accade anche per i ruoli di middle management in cantiere, che solitamente sono ricoperti da ingegneri che si sono costruiti una specializzazione/formazione particolare.
Osservo anche che sempre più spesso le grandi aziende approfittano dei career day che le varie università organizzano presso le loro sedi. Non posso però non segnalare come stiano nascendo percorsi universitari post-laurea specialistici che si prefiggono proprio di fornire abilità e conoscenze specifiche per il settore “geo” e il settore del “tunnelling”. Io stesso sono il Coordinatore del primo percorso di master internazionale post-laurea in “Tunnelling and Tunnel Boring Machines” che ha ormai raggiunto la dodicesima edizione e constato quotidianamente che per fornire le basi progettuali e di gestione di un cantiere di gallerie non bastano i normali corsi di laurea, ma è necessario un percorso di oltre un anno di formazione».

Quindi il passaparola funziona anche per la ricerca di profili più alti…
«Sì, e oltrepassa il dato curriculare. Studi di ingegneria e imprese spesso mi chiedono se conosco ingegneri con uno o due anni di esperienza disposti a lavorare, e io non posso che rispondere che si tratta di “merce rara”. Conseguentemente, per le imprese e per gli studi di ingegneria, disporre di un database qualificato e controllato, è certamente un “plus” di cui si deve tenere conto».

Gli operai ingaggiati all’interno dei grandi cantieri, nonostante il curriculum specialistico e importanti esperienze pregresse, devono poi sottoporsi a un addestramento prima di poter calzare l’elmetto. Questo comporta spese extra per le aziende, e non sempre la risorsa risulterà idonea. Come si può superare questo problema?
«Abbiamo bisogno di scuole di formazione professionale di livello adeguato da un lato, eventualmente sostenute da un pool di aziende che possano fare sinergia anche con gli enti formatori territoriali, e dall’altro disporre di data-base adeguati per una scelta che minimizzi il problema.
C’è poi il tema della formazione continua degli operatori al mutare delle tecnologie, e qui cito l’esempio del calcestruzzo proiettato: all’estero sono disponibili corsi di qualificazione che forniscono, a seguito di percorsi specifici, una patente che certifica che il lavoratore abbia seguito un iter formativo sia teorico che pratico adeguato. E quindi garantiscono sia le imprese che i committenti rispetto alla qualificazione del personale. Certamente se esistessero delle realtà professionali capaci di disporre delle informazioni in merito alle qualifiche necessarie, si riuscirebbe ad abbinare le maestranze giuste all’esigenza specifica, senza disperdere energie in ricerche lunghe e dispendiose».

Che fine fa il mio curriculum?

Che fine fa il mio curriculum?

Sono molti i dubbi che assalgono i candidati una volta iscritti a un portale di ricerca del lavoro, tra assenza di risposte e lunghe e frustranti attese. Ecco quello che accade invece in geoJOB.

Non riuscire a identificare subito le persone che posseggono una particolare specializzazione è il tipico problema delle agenzie per il lavoro generaliste. In questo geoJOB è facilitato perché non deve discriminare tra elettricisti, autisti, gruisti o escavatoristi ma scegliere soltanto le diverse professionalità all’interno di un ambiente specifico che è appunto il settore delle costruzioni, dell’impiantistica e delle infrastrutture.
Il lavoro “dietro le quinte” di un’agenzia del lavoro come geoJOB è dunque quello di riuscire a identificare per ognuno dei profili caricati sul sito una classificazione ottimale che tenga conto, in primo luogo, della competenza prevalente del lavoratore (cartogessista, pavimentista, decoratore ecc.) e poi di altre variabili aggiuntive come, l’esperienza, le altre competenze e, non meno importante, il luogo di residenza.
Ogni curriculum va al suo posto. È un po’ come mettere un attrezzo in un preciso scomparto dedicato, in modo tale da avere sempre a portata di mano una risorsa utile e facilmente rintracciabile sulla base di una classificazione per tipi e soggetti.
Sembra molto freddo, come metodo, ma è efficace. Ma intendiamoci, c’è anche una parte “calda”, quella della relazione, della telefonata e dell’incontro con il recruiter. Ma di questo ne parliamo dopo. Non prima di aver capito qual è il sistema di selezione recruiting adottato da chi si occupa di selezione.

Il solito vecchio metodo, i soliti errori
Molto spesso sono proprio i nostri colleghi degli uffici del personale ad ammettere di prendere in considerazione solo i curriculum di coloro che hanno avuto contatti con la loro azienda in precedenza, sia esso un fornitore, un ex collaboratore o l’amico dell’amico. Insomma, il passaparola la fa ancora da padrone nel nostro settore. Con tutti i rischi e le distorsioni che tutto questo comporta.
Che è esattamente quello che accade nella piccola impresa, dove si cercano spesso operai e maestranze sulla base delle proprie conoscenze personali, dando per buoni molti passaggi intermedi ma decisamente importanti, solo perché così si evita di “perdere tempo a far colloqui con chi poi non sa lavorare”.
Ebbene noi crediamo che questo sia il metodo più sbagliato e sicuramente il più dispendioso da adottare nel mondo del recruitment, perché in questo modo le vere professionalità non riusciranno mai a emergere, quando invece andrebbero premiate ben al di là delle conoscenze discrezionali, cioè personali e private.
Quello che facciamo all’interno di geoJOB va dunque in tutt’altra direzione: per prima cosa è il curriculum a parlare per il lavoratore e poi, se c’è interesse rispetto alle caratteristiche del profilo, avviene anche il contatto diretto. Ma nulla è scontato.

La rivoluzione digitale: che cosa accade in geoJOB
Grazie a un ATS (Applicant Tracking System), geoJOB è in grado di raccogliere i curriculum con un’unica soluzione centralizzata. Non solo, può al tempo stesso pubblicare gli annunci di lavoro, organizzare i profili raccolti, passando dall’analisi alla ricerca dei candidati nel proprio database fino a organizzare i colloqui e coordinare l’intero team di recruitment.
Il software in questione permette un notevole risparmio di tempo e la riduzione al minimo del lavoro manuale, ottimizzando l’intero processo di recruiting.
Ogni candidato che invia il proprio CV riceve un messaggio via e-mail che conferma la propria registrazione e comunica le credenziali di accesso all’area riservata del nostro sito. I profili e i relativi CV, che possono essere spediti in ogni tipo di formato, sono registrati all’interno del database del software: in questo modo, tutte le informazioni utili risiedono in un archivio unico accessibile ai recruiter.
Questa procedura, di per sé molto semplice da seguire per un lavoratore che abbia un minimo di dimestichezza con Pc o smartphone, s’incastra magnificamente con un altro asset peculiare di geoJOB: e cioè il sistema di georeferenziazione che fornisce annunci di lavoro in base alla posizione di un cantiere edile e permette alle aziende di trovare i professionisti di cui hanno bisogno disponibili in quell’area precisa. Questo strumento in pratica imposta una sorta di quadrante recinzione, un piccolo raggio geografico, in cui si andranno a far corrispondere domanda e offerta di lavoro.

La parte “calda”: quella che ci piace di più
Questa prerogativa di geoJOB aumenta quindi in maniera sensibile le possibilità di ingaggio per i candidati. Non di rado, infatti, si ha la sensazione che i propri dati e il proprio curriculum vengano letteralmente inghiottiti nel grande ventre degli ormai diffusissimi Job board, ovvero i portali generalisti che pubblicano annunci di lavoro e raccolgono curriculum senza dare mai feedback ai candidati. Come grandi gironi danteschi strapieni di anime dannate e senza speranza. E che spesso non portano a niente.
Il sistema di geoJOB invece, proprio grazie all’automatizzazione garantita da un software che gestisce tutte le fasi del recruiting e al sistema di geolocalizzazione, minimizza il rischio di dispersione del dato che serve alle aziende, cioè le competenze tecniche di settore. Ma la cosa che conta di più è la presenza del recruiter, una persona del mestiere che sa riconoscere i candidati di valore e sa instradarli verso i giusti percorsi. A volte basta una telefonata, un colloquio in presenza su Skype o un caffè al bar. Ed è questo che rende geoJOB, al di là delle sue specificità digitali, un portale unico nel suo genere. Provare per credere!