L’importanza del personale: come attrarre, valorizzare e fidelizzare talenti nel settore edile

Le aziende si compongono di più elementi, ognuno con la sua funzione e con il suo scopo.

Tra tutti questi elementi però, troppo spesso ci si dimentica di quanto importanti siano le persone che compongono un’azienda. 

Un professionista serio e motivato, che sappia lavorare in team e che abbia competenze e idee che possano proiettare la nostra azienda nel futuro, è un valore aggiunto di primaria importanza.

Di conseguenza avere una squadra composta di elementi che abbiano comuni obiettivi e che condividano i valori aziendali è una delle chiavi per il successo e la crescita aziendale.

Al giorno d’oggi si affacciano nel mondo del lavoro figure professionali sempre più qualificate che possono, grazie alle loro capacità, dare un apporto determinante alla nostra azienda.

Per questo risulta fondamentale attrarre i nuovi talenti più promettenti e fidelizzare i dipendenti che grazie al loro lavoro hanno dimostrato di essere un valore aggiunto.

Ma in che modo?

Per scoprirlo è necessario immedesimarsi nella figura che ricerchiamo:

Un professionista serio e qualificato che ama il suo lavoro e desidera mettere in campo le sue competenze, crescendo professionalmente insieme all’azienda per cui lavora.

Questo è quello che cerchiamo.

Ma una figura del genere cosa cerca? E cosa possiamo fare per fargli desiderare di entrare nel nostro team e soprattutto fidelizzarlo e farlo sentire parte del nostro progetto?

Un dipendente cerca la soddisfazione – composta da due elementi:

  • Soddisfazione economica, perché non c’è nulla di più appagante di vedere il proprio lavoro apprezzato economicamente
  • Soddisfazione lavorativa, perché non c’è nulla di più stimolante che vedere le proprie idee o proposte apprezzate, o sapere che l’azienda crede nella propria persona e investe sulla sua formazione.

Chiunque abbia un lavoro ben retribuito, dove le proprie idee e competenze vengono ascoltate e valorizzate, dove la crescita professionale sia vista come un investimento e non come una perdita di tempo e denaro, non andrà mai a cercare altro.

È chiaro che una parte fondamentale di questo processo è costituito da studio e analisi.

Investire nel personale è fondamentale, ma è altrettanto fondamentale capire quale siano le giuste persone su cui investire.

Capito questo, possiamo passare a capire come meglio attrarre e fidelizzare il professionista su cui vogliamo puntare per far crescere la nostra impresa.

Scopriamolo nel dettaglio.

Retribuzione adeguata

Abbiamo anticipato precedentemente l’importanza di avere uno stipendio che rispetti le competenze di un dipendente.

Il lavoro e i soldi sono strettamente connessi, ed è difficile trovare dipendenti che scelgano di lavorare solo per passione.

Tuttavia è risaputo che lo stipendio del personale per un’azienda è un costo veramente alto.

Retribuire con uno stipendio netto base alto un dipendente meritevole è corretto, ma non sempre un’azienda può permetterselo.

Ove non sia possibile – almeno non per tutti i dipendenti – dobbiamo sapere come soddisfare economicamente in maniera alternativa i nostri professionisti, attraverso ad esempio…

Benefit e welfare aziendale

I benefit aziendali sono uno strumento molto potente nelle mani di un’azienda.

Sono un insieme di beni e servizi messi a disposizione dei propri dipendenti al di fuori della busta paga – e non vanno quindi ad aumentare lo stipendio lordo.

I vantaggi sono abbastanza evidenti, perché permettono di far risparmiare parecchi soldi ai dipendenti (buoni pasto o per il carburante, telefono aziendale ecc..) e all’azienda di avere diversi sgravi fiscali.

Uno strumento altrettanto importante è il piano di welfare aziendale.

In questo caso lo scopo preciso di questa politica è quella di prendersi cura del benessere del dipendente e della sua famiglia, potendo riguardare sia un’assistenza sanitaria integrativa, sia un sostegno a spese per l’educazione dei figli (solo per citare alcuni esempi).

In entrambi i casi è evidente – a parte la convenienza economica per l’azienda rispetto ad un aumento di stipendio – come questi due strumenti possano aumentare nel lavoratore il senso di appartenenza. 

Il dipendente sentirà l’azienda vicina ai suoi problemi e bisogni personali, fondamentale per accrescere quel processo di fidelizzazione a cui si punta.

Formazione del personale

Valorizzare il dipendente facendolo sentire al centro del progetto aziendale passa anche attraverso la sua formazione professionale.

Benefici per il lavoratore quindi, che sentirà la sua figura importante per l’azienda, e per l’azienda stessa, che potrà contare su un professionista sempre più competente e costantemente aggiornato.

Attualmente sono inoltre presenti numerosi bonus e sgravi fiscali per le aziende che investono nella formazione del personale attraverso corsi riconosciuti dal Ministero dello sviluppo economico.

Abbiamo parlato di soddisfazione economica e lavorativa, ma al giorno d’oggi è possibile constatare un importante cambio di rotta nel modo di pensare dei lavoratori dipendenti.

Il bilanciamento tra lavoro e vita privata, così come una stabilità che permetta di vivere una vita serena, sono argomenti che non è più possibile trascurare, perché rientrano nei bisogni non più negoziabili di tanti dipendenti.

In tal senso la tendenza aziendale deve essere rivolta a garantire quanto più possibile una stabilità contrattuale – e quindi economica – ai dipendenti che abbiamo individuato come valore aggiunto per il nostro lavoro, oltre che a garantire turni lavorativi che permettano di avere un equilibrio tra vita lavorativa e vita personale.

Il mondo lavorativo va avanti e cambia continuamente, così come le esigenze aziendali e quelle dei dipendenti.

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Decreto Trasparenza: verso un contratto di lavoro sempre più “trasparente”

Il 27 giugno 2022 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legislativo n.104. Il nuovo Decreto Trasparenza, che entrerà in vigore il 13 agosto 2022, impone ai datori di lavoro di comunicare ai lavoratori, per iscritto, all’atto dell’assunzione gli elementi essenziali del rapporto di lavoro che vanno ben oltre le informazioni “tipiche” di un contratto di lavoro (come il tipo di contratto, il nome del datore di lavoro, la sede, la data di inizio e fine, il periodo di prova e l’inquadramento del lavoratore).

Ora il datore di lavoro è tenuto a comunicare per iscritto anche la programmazione dell’orario ordinario di lavoro o, alternativamente, deve fornire i dati relativi al meccanismo di gestione dell’orario. Inoltre, per alcune informazioni, non sarà più possibile rinviare al CCNL di riferimento – si tratta di informazioni come la durata delle ferie o degli eventuali congedi retribuiti, la formazione, la durata del preavviso e la relativa procedura, i dati degli enti che ricevono i contributi previdenziali e assicurativi.

Chi sono i destinatari dei nuovi obblighi?

L’obbligo riguarda tutti i datori di lavoro che stipulano un qualsiasi tipo di contratto di lavoro subordinato indipendentemente dalla durata (tempo determinato o indeterminato) o il regime di orario (full time, part time o intermittente), ma anche i committenti di lavori con rapporti di collaborazione, di prestazione occasionale e forme speciali di lavoro subordinato (lavori marittimi, di pesca o domestici).

Restano fuori i rapporti autonomi, i contratti di durata pari o inferiore a tre ore settimanali in quattro settimane consecutive, i rapporti di agenzia, il lavoro nell’impresa familiare e alcune forme speciali di lavoro pubblico.

Decreto Trasparenza: quali sono le sanzioni per l’inadempimento?

Nel caso in cui il datore di lavoro non fornisca le informazioni previste dalla legge oppure lo fanno in ritardo o in modo incompleto sono soggetti a una sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1500 euro per ogni lavoratore in questione, previa denuncia da parte del lavoratore e il relativo accertamento ispettivo.

Decreto Trasparenza: novità sul periodo di prova

L’art.7 del Decreto Trasparenza indica una durata massima del periodo di prova (ove sia previsto) di 6 mesi.

Nel caso del contratto a tempo determinato, il periodo di prova è proporzionale alla durata del rapporto e alle mansioni da svolgere. In caso invece di rinnovo per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto non può essere soggetto ad un nuovo periodo di prova.

Se il rapporto viene interrotto da una malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità il periodo di prova viene prolungato in misura relativa alla durata dell’assenza del lavoratore.

Decreto Trasparenza - geoJOB
Decreto Trasparenza

Decreto Trasparenza: cumulare più rapporti di lavoro è possibile

Secondo l’art. 8, un lavoratore subordinato può cumulare più rapporti di lavoro al di fuori dell’orario di lavoro concordato con il datore di lavoro. La stessa regola vale per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.

Altre novità del nuovo Decreto Trasparenza

L’articolo 9 si riferisce alla cosiddetta “prevedibilità minima del lavoro”: qualora l’organizzazione del lavoro sia interamente o in parte imprevedibile, il datore di lavoro non può imporre al lavoratore di svolgere l’attività lavorativa salvo che ricorrano entrambe le seguenti condizioni:

  • il lavoro si svolga entro ore e giorni di riferimento predeterminati;
  • il lavoratore sia informato dal suo datore di lavoro sull’incarico o la prestazione da eseguire, con un ragionevole periodo di preavviso.

Il lavoratore, in assenza di una o entrambe le condizioni sopra riportate, avrà il diritto di rifiutare di rendere la prestazione lavorativa.

L’articolo 10 prevede la possibilità per un lavoratore che abbia maturato un’anzianità di lavoro di almeno sei mesi presso la stessa organizzazione e che abbia completato l’eventuale periodo di prova, di chiedere che gli venga riconosciuta una forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili.

Il datore di lavoro, a sua volta, non ha l’obbligo di accettare tale richiesta, ma entro un mese deve fornire una risposta scritta e motivata.

L’articolo 11 si riferisce alla formazione obbligatoria e stabilisce che il periodo in cui essa viene erogata viene considerato come orario di lavoro.

Disposizioni transitorie – articolo 16

Per i rapporti già in essere alla data del 1° agosto 2022 il datore di lavoro è tenuto a fornire, aggiornare o integrare, entro 60 giorni dalla richiesta, le informazioni previste dal Decreto.

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Il Preposto alla sicurezza: il sovrintendente allo svolgimento delle attività lavorative

In un ambiente lavorativo molto gerarchico come quello dell’edilizia è fondamentale che le direttive del datore di lavoro siano eseguite in maniera corretta e veloce dal personale presente in cantiere. .

Partendo da questo presupposto si capisce quanto sia importante una figura professionale che faccia da tramite e che sovraintenda e garantisca l’avanzamento dei lavori in piena sicurezza:

Il preposto alla sicurezza.

Ma andiamo nello specifico e cominciamo a conoscere questo importante ruolo all’interno dei cantieri.

Chi è il Preposto alla sicurezza?

Spesso sentiamo parlare di capo cantiere, capo reparto, capo squadra, capo produzione, capo turno. Tutti questi nomi sono spesso riconducibili ad un’unica persona, che è appunto il Preposto alla sicurezza, definizione richiamata dall’art. 2 del D. Lgs. 81/08.

Volendo sintetizzare la definizione, il Preposto alla sicurezza è la figura professionale che:

  • sovrintende all’attività lavorativa garantendo le attività lavorative svolte dai lavoratori;
  • garantisce l’attuazione delle direttive ricevute dal Dirigente o dal Datore di Lavoro;
  • controlla: in qualità di garante la reale funzionalità del sistema di gestione della sicurezza nei luoghi di lavoro.

A dicembre 2021, con la Legge 215/21, sono state apportate numerose modifiche al D.Lgs. 81/2008, alcune delle quali riguardano la figura del preposto. L’obiettivo del legislatore è quello di “responsabilizzare” questa figura, indispensabile per garantire la supervisione e il rispetto delle norme antinfortunistiche nei cantieri e in azienda.

Il Preposto alla sicurezza deve possedere un forte potere d’iniziativa che gli consente di garantire sempre il massimo livello di sicurezza sul posto di lavoro – senza dover rendere conto ad altre figure.

Da questa iniziale definizione comincia già a delinearsi l’importanza di questa mansione.

Dai suoi poteri derivano conseguentemente altrettanti obblighi e responsabilità che adesso andiamo a scoprire nel dettaglio.

Obblighi del preposto alla sicurezza

Gli obblighi del Preposto alla sicurezza sono regolamentati dall’art. 19 del D.Lgs. 81/2008. 

Vediamoli nel dettaglio. Il preposto alla sicurezza si occupa di:

  • sovrintendere all’attività lavorativa dei dipendenti, con particolare attenzione al corretto utilizzo dei DPI (dispositivi di protezione individuale) e al rispetto delle disposizione aziendali in materia di sicurezza;
  • verificare l’accesso a zone esposte a rischio solo del personale che è formato e autorizzato;
  • Richiedere l’osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni ai lavoratori
  • monitorare le situazione di pericolo e, in caso di necessità, dare istruzioni ai lavoratori per l’abbandono della zona di pericolo;
  • proteggere i lavoratori evitando di far riprendere i lavori ove sussistano situazioni di pericolo;
  • vigilare sul corretto funzionamento di macchinari e dispositivi di protezione, informando, in caso di problemi, il datore di lavoro;
  • segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al Dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale;
  • interrompere immediatamente le attività lavorative in caso di condizioni non sicure;
  • aggiornarsi costantemente.

Nel caso in cui questi obblighi non vengano rispettati, il Preposto alla sicurezza può cadere in responsabilità civili e penali, in base alle violazioni indicate nel D. lgs. 81/08, che possono prevedere l’arresto da 1 a 3 mesi e multe dai 200 ai 3.000 euro.

A dimostrazione del corretto adempimento dei suoi obblighi va in aiuto del Preposto alla sicurezza l’utilizzo delle segnalazioni scritte, che servono appunto a informare in maniera corretta il datore di lavoro riguardo malfunzionamenti di attrezzature e dispositivi di protezione o il mancato rispetto delle direttive da parte di un lavoratore.

È importante ricordare e sottolineare che il Preposto alla sicurezza è considerato il  responsabile del comportamento dei suoi sottoposti, per questo è indispensabile instaurare con questi ultimi un rapporto di fiducia e prestare sempre la massima attenzione.

Analizzate le sue competenze, ora vediamo come si diventa Preposto alla sicurezza.

Nomina del Preposto alla sicurezza

La nomina del Preposto alla sicurezza è a carico del datore di lavoro, che può individuarne anche più d’uno, in base alle esigenze e alla struttura aziendale.

A seguito delle modifiche apportate all’art. 18 del D. Lgs. 81/2008 alla fine del 2021, il datore di Lavoro deve “individuare il Preposto o i Preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza di cui all’art. 19. Al Preposto, ovviamente, spetta una retribuzione extra – pattuita con il datore di lavoro stesso in base ai contratti collettivi del lavoro e non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività”.

La nomina deve contenere le generalità dell’incaricato, i compiti e i poteri attribuitigli, la data della nomina e naturalmente la firma del soggetto incaricato. L’atto di trasferimento di competenze organizzative e gestionali in materia di sicurezza e salute dei lavoratori in capo al Preposto può anche non includere l’autonomia di spesa, qualora questa non sia necessaria per lo svolgimento delle funzioni delegate.

E se non viene scelto? 

In questo caso può essere scelta una figura che, seppur non formalmente investita, è riconosciuta dai dipendenti come preposto in base alle sue funzioni e poteri.

Si parla in questo caso di Preposto di fatto. Tale figura è di fatto prevista dall’art. 299 del D. Lgs. 81/08.

Tuttavia è bene ricordare che le responsabilità in caso di violazione della normativa antinfortunistica saranno sempre in capo al preposto formalmente designato.

Tutti questi obblighi e queste responsabilità – giustificate dal fatto di dover sovrintendere una materia complessa come la sicurezza sul lavoro – necessitano per forza di cose di una formazione costante con aggiornamento su base quinquennale

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Digitalizzazione nell’edilizia: tutti gli strumenti e le strategie per proiettare nel futuro la tua impresa!

Il settore dell’edilizia è uno dei settori meno digitalizzati in Italia, e i 12 anni di crisi lo hanno depauperato e hanno fermato qualsiasi forma di ammodernamento dei servizi.

Tuttavia, la digitalizzazione è un processo che da anni è sempre più presente in quasi ogni settore aziendale.

In particolar modo, il periodo pandemico ha accelerato questa trasformazione rendendola sempre più fondamentale per poter proiettare la propria impresa nel futuro e mantenendola al passo con i tempi.

Concentrandoci sul settore edile (la nostra specializzazione), l’integrazione della digitalizzazione ha interessato sia i processi esterni – grazie a nuovi canali di vendita e distribuzione di prodotti e servizi ai propri clienti – sia interni – attraverso una riorganizzazione del lavoro.

Soprattutto grazie ai fondi stanziati nel PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) tanti sono attualmente gli investimenti possibili. 

Gli investimenti in digitalizzazione grazie al PNRR

Lo Stato, attraverso il Pnrr, ha destinato circa 30,6 miliardi all’innovazione e digitalizzazione delle imprese.

Questo per accelerare – appunto – il processo di digitalizzazione e trasformarlo da una necessità dettata dalla situazione emergenziale della pandemia a una possibilità di tipo strategico e proiettata nel futuro.

La volontà è abbastanza chiara: una ripartenza economica del Paese attraverso un processo di innovazione sostenibile.

Ed è proprio l’opportunità offerta dal Pnrr che guiderà la digitalizzazione delle imprese del  settore edile.

Ma cosa significa digitalizzare un’impresa edile

Digitalizzare i processi per un’azienda del nostro settore rappresenta una sfida in quanto dovrà integrare le tecnologie, modernizzare i processi e personalizzare le procedure per acquisire un vantaggio competitivo sul mercato, anche perché, il giorno d’oggi, il committente è sempre più indirizzato alle collaborazioni con aziende tecnologicamente sviluppate.

Ma parliamo un po’ dei motivi per cui un’impresa edile dovrebbe digitalizzare i propri processi. Innanzitutto, partiamo dagli obiettivi. Sono:

  • l’aumento della produttività;
  • la crescita dei margini di guadagno. 

Attraverso la gestione e l’ottimizzazione dei processi il fine è di impiegare il tempo e le energie che sarebbero state destinate a quei processi in attività diverse e più produttive.

Vediamo ora quali sono questi processi e come si può intervenire nella loro gestione (grazie alla digitalizzazione) per efficientare la nostra impresa. 

a. Gestione dei contratti

La necessità di un’azienda del settore edile è quella di gestire i contratti in maniera semplice ed intelligente. 

Intervenire sul ciclo di vita del contratto mettendo mano in maniera dinamica al controllo di ogni fase, dalla richiesta iniziale al rinnovo, permette di snellire notevolmente il lavoro.

Gli obiettivi sono la riduzione dei costi e risparmio di ore di lavoro amministrativo.

b. Gestione del flusso di lavoro (Workflow)

Parliamo in questo caso della gestione efficace di budget, impegni, documenti tecnici e scadenze. 

Importante in questo caso è l’utilizzo di un Workflow Documentale.

Un Workflow Documentale è una procedura standardizzata che permette ad un’impresa di seguire il ciclo di vita di un documento in modo efficiente e soprattutto di raccogliere e lavorare in maniera semplice tutti i tipi di contenuti prodotti.

Questa procedura permette di creare, acquisire, protocollare, firmare, modificare ed archiviare i documenti.

c. Gestione di report istantanei

Saper interpretare e analizzare i dati permette di prendere decisioni giuste, con un conseguente aumento della produttività e del margine di guadagno.

Questo permette infatti di compiere delle giuste scelte sia a livello logistico (scegliere il materiale migliore per eseguire un lavoro), sia a livello strategico (decidere l’indirizzo aziendale e su questa base capire quali lavori convenga accettare).

Un buon software connesso al proprio gestionale aziendale in questo caso è di fondamentale supporto per i direttori dei settori commerciale, tecnico e finanziario.

L’obiettivo è quello di analizzare i dati a disposizione per ottenere report istantanei e personalizzarli per efficientare i rispettivi reparti (produttivo, finanziario, commerciale) e in seguito condividerli in maniera rapida e semplificata con le proprie risorse.

d. Gestione dei preventivi e delle scadenze

Un software gestionale adeguato in questo caso ci permette di gestire rapidamente ed in maniera organizzata preventivi, ordini e fatture quotidianamente.

In questa maniera è più facile analizzare una commessa e ragionare per:

  • impostare un capitolato d’appalto;
  • analizzare i fabbisogni aziendali;
  • analizzare i prezzi e i tempi di consegna;
  • selezionare i fornitori migliori;
  • pianificare e monitorare lo stato di avanzamento dei lavori
  • gestire il magazzino per conoscere le giacenze;
  • controllare il flusso delle merci sia in entrata che in uscita.

Un utile supporto per queste attività in cui un errore può causare dei grossi problemi all’intera azienda.

e. Digitalizzazione come strumento per attirare i giovani talenti nell’azienda

Oggi la digitalizzazione è anche uno strumento per trattenere i giovani talenti all’interno delle aziende.

I giovani professionisti oggi richiedono innovazione e novità e partecipano con disponibilità e spirito costruttivo o addirittura in modalità proattiva al cambiamento per acquisire nuove competenze.

Inoltre, mettere a disposizione del lavorati gli strumenti digitale significa contribuire e aiutare il lavoratore a migliorare le proprie performance professionali motivandolo al raggiungimento degli obiettivi.

In conclusione… 

L’edilizia al momento è il settore con meno produttività ma che fa anche meno uso della tecnologia. Certo, nel nostro settore il lavoro dell’uomo non può (e difficilmente potrà) essere del tutto sostituito con la digitalizzazione; la digitalizzazione, ad oggi, non consente di costruire i muri o montare un ponteggio più velocemente ma contribuisce a rendere meno opprimente la burocrazia che sta dietro ad ogni tipo di organizzazione migliorando la produttività e rendendo più ottimale il processo costruttivo.

Abbiamo visto come il processo di digitalizzazione sia ormai di primaria importanza negli investimenti (prossimi e futuri) di qualsiasi azienda del settore edile che voglia rimanere competitiva, snellendo i processi e analizzando e monitorando costantemente i dati per ottenere risultati sempre migliori. 

Anche lo Stato da parte sua sta intervenendo – e probabilmente continuerà a farlo – per incentivare e accelerare questo processo.

Perciò, se vuoi rimanere aggiornato sugli sviluppi della questione o approfondire l’argomento, puoi continuare a seguire il nostro blog: torneremo molto presto sull’argomento!

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